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Catenanuova, pentito si autoaccusa di tre delitti

Lo ha detto, nella sua nuova veste di collaboratore di giustizia, Antonino Mavica “u patirnisi”, il pregiudicato che da qualche settimana ha deciso di saltare il fosso, pronto a compiere rivelazioni su omicidi, affari e assetti mafiosi nel piccolo centro dell’Ennese

CATENANUOVA. “Salvatore Leonardi dirigeva gli affari mafiosi di Cosa Nostra dal carcere”. Lo ha detto, nella sua nuova veste di collaboratore di giustizia, Antonino Mavica “u patirnisi”, il pregiudicato che da qualche settimana ha deciso di saltare il fosso, pronto a compiere rivelazioni su omicidi, affari e assetti mafiosi nel piccolo centro dell’Ennese. Mavica si sarebbe autoaccusato di vari delitti, tra cui la lupara bianca di Andrea Passalacqua e Maurizio Ranieri, due catenanuovesi spariti nel nulla il 21 maggio 1995.


Alla luce delle rivelazioni di Mavica, ieri, il pm Roberto Condorelli, che sostiene l’accusa al processo “Fiume Vecchio”, che segue la complessa indagine dei carabinieri del colonnello Baldassare Daidone – imputati sono, tra gli altri, lo stesso Mavica e Leonardi – ha contestato a quest’ultimo l’aggravante di aver promosso, diretto e organizzato le attività mafiose in paese. Il neopentito ha parlato lungamente di Leonardi. Sostiene che appartenesse a Cosa Nostra, accusa per cui del resto Leonardi è tuttora imputato. Il collaborante ha poi riferito di aver cercato di riprendere le attività mafiose, dopo essere uscito dal carcere (fu detenuto nell’operazione Ippogrifo), ma che si sarebbe lamentato con Salvatore Prestifilippo Cirimbolo, un imprenditore agricolo catenanuovese che sarà poi ucciso nel luglio del 2008 nella “strage di Catenanuova”, di non aver ricevuto alcun “aiuto” durante la sua detenzione. Lui gli avrebbe risposto di aver fatto il proprio “dovere”, consegnando i soldi alla moglie di Leonardi, Agata.


A quel punto Mavica sarebbe andato a lamentarsi con la donna, ma lei avrebbe risposto che i soldi erano serviti per la “famiglia”. Mavica poi parla pure di una “affiliazione” di Salvatore Prestifilippo Cirimbolo, che non faceva parte di Cosa Nostra. Ma si sarebbe trattato di un’affiliazione finta. Poi nel 2006 Mavica sostiene di essersi allontanato dagli affari mafiosi, perché si rendeva conto che Prospero Riccombeni, altro imputato al processo, contava più di lui. E in questa situazione di confusione, sarebbe prevalso Prestifilippo Cirimbolo, che avrebbe lentamente preso potere e si sarebbe avvicinato a sua volta a Filippo Passalacqua. Quest’ultimo però avrebbe avuto l’ambizione di diventare una sorta di capo in paese e per questo, essendo diventato il genero di Salvo “u carrozzieri” – un boss del clan Cappello di Catania – si sarebbe avvicinato ai Cappello, che così facendo avrebbero preso sempre più piede a Catenanuova. Questi passaggi, in sostanza, avrebbero creato a Catenanuova due organizzazioni parallele: i Cappello da una parte; Cosa Nostra dall’altra. Le rivelazioni di Mavica, in definitiva, confermano quanto già sostenuto dalla Dda. Il processo riprenderà fra qualche settimana davanti al gup David Salvucci.

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