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Bufera sul Consiglio di Piazza Al Tar il «caso» sul presidente

Autore del ricorso è Giuseppe Capizzi, ex esponente del Pd, prima transitato nel gruppo misto e nel frattempo passato con il Fli

PIAZZA ARMERINA. Dopo la battaglia politica sul bilancio, prima bocciato e adesso in procinto di essere approvato per evitare lo scioglimento dell'aula, arriva quella giudiziaria sulla carica di presidente del consiglio comunale. Sarà deciso nel merito nell'udienza del 21 novembre il braccio di ferro a colpi di carta bollata davanti al Tar di Catania sullo scranno più alto di via Cavour. Dopo la richiesta di prelievo del ricorso per la sua trattazione in tempi rapidi, presentata a maggio dal consigliere Giuseppe Capizzi, l'udienza è stata fissata in un termine piuttosto breve. Capizzi, ex esponente del Pd, prima transitato nel gruppo misto e nel frattempo passato con il Fli, è autore del ricorso al Tar con cui il primo luglio del 2011 era stato chiesto l'annullamento dell'elezione di Giuseppe Venezia, attuale presidente dell'aula.
Una vicenda giudiziaria che si innesta su un clima politico incandescente nei rapporti tra lo stesso Venezia, uomo di punta del Pd, e il centrodestra. L'opposizione da tempo diserta le conferenze dei capigruppo proprio in polemica al presidente considerato non superpartes. I giudici della terza sezione del Tar di Catania, su relazione del magistrato Maria Stella Boscarino, sentiti i difensori, nel settembre 2011 avevano giudicato «insussistenti» i presupposti per concedere la sospensione degli effetti della proclamazione di Venezia alla guida dell'aula. Il relatore del procedimento non sarà più il giudice Boscarino, ma la collega Gabriella Guzzardi.
L'udienza potrebbe mettere la parola fine al muro contro muro che un anno e mezzo fa portò il consiglio ad una fase di stallo. A resistere in giudizio vi saranno il Comune, lo stesso Venezia, l'allora ex vicepresidente Ilenia Adamo e l'assessorato regionale alle Autonomie locali. Il legale di Capizzi, l'avvocato Fabio Lo Presti, aveva chiesto l'annullamento della delibera del consiglio comunale del 19 aprile 2011 nella parte in cui non proclamò l'elezione a presidente dello stesso Capizzi. Al centro dell'esame dei giudici è finito il quorum sufficiente per il voto, il concetto di «maggioranza semplice» alla luce del quadro normativo regionale, dello statuto, del regolamento comunale e delle circolari regionali. In soldoni per l'elezione del numero uno di via Cavour occorreva la metà più uno dei presenti, come sostenuto dal segretario generale Carolina Ferro e da alcune sentenze del Tar di Palermo? O era sufficiente aver preso in seconda votazione «il maggior numero dei voti», come sottolineato da una circolare regionale e sostenuto nel ricorso dal consigliere Capizzi?

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