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La «strage di Catenanuova» Nuovo arresto per i due indagati

Filippo Passalacqua e Giovanni Piero Salvo sono accusati dell’omicidio di Salvatore Prestifilippo Cirimbolo: si rifiutò di spartire i soldi del pizzo

ENNA. Salvatore Prestifilippo Cirimbolo si era ribellato ai suoi capi del clan Cappello di Catania, ai padroni del pizzo che lo avevano fatto «reggente» di Catenanuova. E per non spartire i soldi delle estorsioni aveva rischiato di provocare una faida, cercando l'appoggio del gruppo Colombrita di Catania, affinché si mettesse contro i Salvo, il clan Cappello che comandava a Catenanuova, e lo difendesse. Ma fu isolato e questa, per i carabinieri, fu la sua condanna a morte. Sarebbe questa la verità sull'orrenda «strage di Catenanuova» del luglio 2008, l'omicidio a colpi di kalashnikov di Prestifilippo e il ferimento di cinque persone, davanti a un bar del centro. Per questo i militari, per la seconda volta - dopo l'annullamento della prima ordinanza di custodia da parte del Riesame - hanno notificato un'ordinanza a Filippo Passalacqua, 32 anni di Catenanuova, che è detenuto a Milano Opera al 41 bis, il carcere duro per i capimafia; e a suo cognato Giovanni Piero Salvo, 35 anni di Catania, detenuto a Caltanissetta.
I due erano già stati arrestati per l'omicidio a fine luglio, ma scarcerati dal Riesame, che accolse il ricorso del loro avvocato, il penalista Davide Giugno. L'accusa però ora torna alla carica, ottenendo una seconda ordinanza e contestando nuovamente ai due - sulla base di intercettazioni e racconti dei pentiti - di aver organizzato e commesso l'omicidio. L'indagine è stata condotta dai carabinieri del colonnello Baldassare Daidone, sotto il coordinamento del pm della Dda Roberto Condorelli. Per gli inquirenti, la vittima non voleva più dividere i soldi del pizzo con i Salvo. Per questo, dopo aver risposto picche agli inviti a pagare di Passalacqua e Salvo, se ne andò dal loro «capo», Giovanni Colombrita. Fu un terremoto, perché Colombrita non conosceva gli affari dei Salvo a Catenanuova. Si infuriò e li convocò d'urgenza al chiosco del villaggio Sant'Agata. Qui scoppiò una rissa furibonda, a cazzotti e a colpi di casco.
Dopo la rissa, l'intervento di vari pezzi da novanta della mafia catanese, da Biagio Sciuto a Gaetano D'Aquino, mise tutti attorno a un tavolo. L'armistizio fu una spartizione del potere. Prestifilippo Cirimbolo, che aveva «tradito», rimase da solo. I Salvo continuarono a comandare a Catenanuova e in questo quadro, stando sempre all'ipotesi investigativa, Gianpiero Salvo e Passalacqua decisero di ammazzarlo. E dopo il delitto, Passalacqua prese il posto della vittima come reggente.

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