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Morta in ospedale, indagine a Enna La procura: «Errore». Il medico: «No»

Un’anziana doveva sottoporsi a un prelievo di midollo. Una lesione al cuore ne avrebbe provocato il decesso

ENNA. Secondo la Procura, per un errore il medico avrebbe forato lo sterno e provocato una lesione cardiaca durante un prelievo di midollo osseo. Sarebbe questa, dunque, la causa della morte della signora Angela Di Paola, 75 anni, all’ospedale Umberto I, il 9 dicembre dell’anno scorso. È stata aperta un’indagine, coordinata dal pm Marco Di Mauro, su un sospetto caso di malasanità avvenuto all’ospedale Umberto I.

Il medico indagato, un ematologo di cui non sono state comunicate le generalità, è difeso dall’avvocato Gabriele Cantaro. La difesa del medico afferma che l’intervento è stato eseguito correttamente. Anche l’ospedale è sulla stessa linea. La famiglia della signora morta è assistita dall’avvocato Sinuhe Curcuraci.

Dell’inchiesta si è appreso solo ora, perché si è chiuso la settimana scorsa l’incidente probatorio chiesto dalla Procura, ma sollecitato anche dalla difesa dell’indagato, sull’autopsia svolta l’anno scorso.

Da quanto è emerso, la signora doveva sottoporsi a un prelievo di midollo osseo al reparto di Oncologia. Ma qualcosa non è andata per il verso giusto. E il pm, nella descrizione dell’ipotesi di reato posta in testa alla richiesta di incidente probatorio, scrive che il medico, nel corso di un esame puntale sternale (una tecnica che si esegue per estrarre il midollo osseo) avrebbe «perforato lo sterno e quindi il cuore della paziente con l’ago utilizzato per l’esame, così da provocare una lesione cardiaca iatrogena», che avrebbe provocato il decesso.

L’accusa del reato colposo è tutta da dimostrare – e nelle indagini di questo genere emerge quasi come un atto dovuto, fintantoché l’inchiesta non venga chiusa – e fondata su un’ipotesi di «negligenza, imprudenza e imperizia».

All’incidente probatorio la difesa dell’indagato ha dato subito battaglia, contestando duramente l’autopsia, sotto un profilo procedurale. L’esame, quasi un anno fa, fu eseguito da un consulente del pubblico ministero, in un momento in cui l’indagine era solo agli inizi e nessuno era stato iscritto sul registro degli indagati.

L’avvocato Cantaro ha contestato la procedura seguita, sostenendo che in casi del genere, secondo pronunciamenti della Corte di Cassazione, la comunicazione dell’esame andrebbe fatta a coloro che sono iscritti sul registro degli indagati o a coloro che, sulla base della documentazione agli atti, dovrebbero essere iscritti, come atto dovuto.

Da qui la richiesta di nullità dell’autopsia, a cui si è opposto il pm Di Mauro, che ha ribadito il concetto durante l’incidente probatorio: la difesa o i suoi consulenti non erano presenti perché semplicemente il medico non era stato iscritto sul registro degli indagati. L’avvocato Cantaro poi ha contestato anche il fatto che, nell’esame autoptico, secondo la difesa si sarebbero «alterati» i reperti. Il perito nominato dal gip per l’incidente probatorio, però, ha sottolineato che il consulente del pm ha conservato gli organi dopo l’autopsia, e dunque non ci sarebbe stata compromissione. L’indagine prosegue. 

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