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Nella casa circondariale, Don Zangara ha benedetto la nuova coppia: «È il risultato di un percorso di fede» Celebrate le nozze «dietro le sbarre» Un detenuto sposa la sua compagna

ENNA. Un matrimonio come si deve, in chiesa, con i fiori, gli abiti eleganti, i testimoni e, naturalmente, due sposi innamorati. Fuori dai canoni è solo la location, la casa circondariale cittadina. Ma è proprio nella cappelletta del carcere che scorso sono convolati a nozze un detenuto ed una signora di Palermo, sua convivente da anni, due novelli sposi che prima del grande passo hanno seguito un cammino di fede.
Ad accompagnarli in questa scelta è stato il cappellano del carcere don Giacomo Zangara: «Hanno deciso di sposarsi sia con il rito civile che con quello religioso – spiega –. Una scelta rara quando si parla di matrimoni con persone che vivono in regime di detenzione e che di solito per varie opportunità si sposano solo civilmente. La ragione è chiaramente di ordine spirituale: il detenuto in questione sta infatti portando avanti un cammino di fede dietro le sbarre che prevede un itinerario di catechesi, con avvicinamento alla preghiera e partecipazione costante ai sacramenti. È stato lui stesso che a un certo punto si è sentito chiamato a portare sull’altare la donna con la quale ha convissuto per anni, chiedendo non solo un atto burocratico, ma soprattutto la benedizione del Signore».
I due sposi, che non hanno figli, si sono presentati nella cappella decorata con fiori, in abiti da cerimonia (lui elegante, lei con il tradizionale abito bianco), alla presenza di don Zangara e di due operatori del carcere che hanno fatto da testimoni al rito.
«Eravamo solo noi cinque – precisa il cappellano – ed è stata una cerimonia molto sentita. Ieri mattina, ho presentato questo carcerato al vescovo come colui che ha riscoperto dietro le sbarre il profondo significato del matrimonio».
Giusto ieri mattina, infatti, la casa circondariale ha ospitato il vescovo della diocesi Michele Pennisi che ha celebrato una messa con i detenuti, un incontro che ormai da anni si ripete in occasione delle feste natalizie e che per Pennisi è stato l’occasione per denunciare ancora una volta la precarietà delle strutture in cui sono costretti a vivere i detenuti.
«Da tempo porto avanti il mio appello alla società civile – ha ricordato a proposito padre Giacomo – affinché la pena che scontano questi nostri fratelli non si trasformi in una «doppia pena» e perché si possano concretizzare pene alternative, come l’affidamento dei carcerati a strutture sociali e caritative, sia per rieducarli a vivere dignitosamente in società, sia per risolvere il problema del sovraffollamento delle celle».
A sostegno dei detenuti e delle loro famiglie in questi giorni si stanno intanto schierando il comitato femminile di Croce rossa ed i confrati e la corale di San Giuseppe che stanno offrendo dolci e indumenti per i carcerano indigenti e regali natalizi per i bambini che hanno i genitori dietro le sbarre.

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