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Amaradio e gli altri, si riapre il processo ai nuovi clan mafiosi

ENNA. Per la polizia, il giovane Giancarlo Amaradio è uno dei capi della nuova mafia organizzata della provincia: il boss del clan di Enna. Ora il processo Green Line, che ha portato a dodici condanne in primo grado e in appello, approda finalmente in Cassazione, per quello che potrebbe essere il verdetto finale. Secondo la Corte d’appello Amaradio, 33 anni, sarebbe l’ultimo dei boss rimasti in città, il reggente del più grosso clan di Cosa Nostra operante in provincia, con ramificazioni in quasi tutte le cittadine dell’Ennese. Ora però il suo difensore, l’avvocato Giovanni Palermo, ha fatto ricorso in Cassazione contro la condanna a 10 anni e 10 mesi. Amaradio, già condannato per mafia in via definitiva per i fatti del processo Parafulmine, si è professato innocente dall’accusa di essere un boss, negando pure di esser stato in qualche modo “associato” con i suoi co-imputati. Da qui una delle contestazioni più forti della difesa, che dice no all’aggravante di “aver promosso, diretto e organizzato” le attività mafiose. Approderà a Roma mercoledì, dunque, il processo “Green Line”, perché hanno fatto ricorso in tutto nove imputati condannati in appello. L’inchiesta è stata condotta dagli agenti della squadra mobile e del commissariato di polizia di Leonforte, che hanno tolto i veli sulla riorganizzazione della mafia attraverso furti, ricettazioni e estorsioni alle imprese edili. L’inchiesta è stata coordinata dal pm della Dda di Caltanissetta Roberto Condorelli, che ha poi anche sostenuto l’accusa al processo di primo grado, con il rito abbreviato, dinanzi al gup. Secondo gli inquirenti, Amaradio ha preso il posto di “Tano ‘u liuni”, lo storico boss Gaetano Leonardo, detenuto ininterrottamente dal 2001. In una situazione di stallo, in sostanza, secondo gli inquirenti Amaradio, uomo di fiducia del “leone”, sarebbe stato promosso sul campo, divenendo un capomafia. Era stato proprio Leonardo, si ricorda, a battezzarlo “uomo d’onore”, a metà del 2000, secondo quanto riferito dal figlio pentito del boss, Angelo Francesco Leonardo. Adesso dunque la palla passa alla Corte di Cassazione, a cui la difesa chiede di annullare la condanna. A ricorrere sono stati anche altri otto condannati. Sono i presunti “soldati” di Cosa Nostra, che hanno preso tutti pene da tre a undici anni di reclusione. Il collegio dei difensori è composto dagli avvocati Giovanni Palermo, Sinuhe Curcuraci, Antonio Impellizzeri, Gaetano Grassia, Maria Greco, Carmelo Lombardo, Ones Benintende, Giacomo Vitello, Giovanni Aricò, Giuliano Dominici e Nino Parisi.

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