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Rapina sventata ad Enna «Quella pistola non l’avevo mai usata»

ENNA. «Non sono un eroe, ho fatto solo il mio dovere. Credo profondamente nel valore della giustizia». L'assistente capo della polizia penitenziaria, Gaetano A., in servizio al carcere di Enna, che lo scorso lunedì ha sventato una rapina al Monte Paschi di Siena, è tornato al lavoro di sempre. Dopo avere arrestato uno dei tre rapinatori, gli altri due sono stati fermati fuori dall'istituto bancario dalla polizia, averlo immatricolato, (il suo servizio è proprio in matricola), lo ha anche scarcerato. Ha rischiato la vita: «Era la prima volta che usavo la pistola - dice senza falsa modestia- se il rapinatore mi avesse disarmato sarebbe potuta finire diversamente, per rivedere i rapinatori dopo solo 4 giorni a casa». «Accetto le determinazione che l'autorità giudiziaria ha disposto», continua l'agente della polizia penitenziaria, che, dopo avere ricevuto una valanga di lettere di complimenti da istituzioni ma anche privati cittadini, è stato proposto per un encomio al Dipartimento della Polizia Penitenziaria. «Siamo orgogliosi di quello che facciamo ogni giorno senza scimmiottare altri - dice il direttore della Casa Circondariale di Enna, Letizia Bellelli - Questa è la dimostrazione che come corpo di polizia siamo al servizio dei cittadini dentro il carcere ma anche fuori». Il poliziotto, 52 anni ancora da compiere, carattere mite e la passione per la musica, ha messo a frutto il self control acquisito in tanti anni di servizio. «Ogni giorno abbiamo a che fare con persone di questo tipo. In quei pochi secondi, che hanno preceduto la mia azione, ho pensato di avere una grande responsabilità». Il poliziotto, infatti, ha agito da solo e da solo ha immobilizzato il rapinatore che era all'interno della banca e poi ha chiesto l'aiuto della polizia che ha arrestato gli altri due nelle vicinanze». «Ero alla cassa, girato di spalle quando è entrato - racconta - il malvivente aveva già provato ad entrare ma mi aveva visto ed era andato via. Quando è entrato dentro l'istituto bancario ha trascinato dietro il bancone uno dei dipendenti e avvicinandosi al cassiere ha chiesto che fossero sbloccate le porte. Mi sono accorto subito che qualcosa non andava ma all'inizio ho creduto che il dipendente che era stato preso dal rapinatore fosse un complice. Mi sono qualificato e ho tranquillizzato i presenti prima di estrarre la pistola e di inserire il colpo di canna dato che il rapinatore non sembrava volere desistere dal suo proposito». Dunque, altro che sprovveduti ragazzini, considerato il fatto che nel frattempo un secondo complice che aveva tentato di entrare, rimasto bloccato tra la bussola e la porta di uscita era riuscito a scappare. «Quando mi sono assicurato che l'uomo accanto al rapinatore fosse davvero un dipendente della banca, dato che mi trovavo dalla parte della sala dove sta il pubblico, ho chiesto al dipendente di abbassare sulle braccia la giacca al rapinatore in modo da bloccarlo. Così ho guadagnato tempo, sono riuscito a raggiungerlo e, solo dopo averlo immobilizzato e perquisito, ho chiesto al direttore di avvisare la polizia che è immediatamente arrivata. «E pensare - sorride l’agente - che l'ultima volta che avevo estratto la pistola era stato al poligono per l'esercitazione».

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