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L’azione dell’Inps sugli imprenditori Più che quintuplicate le denunce nell’Ennese

Spesso i processi finiscono con la prescrizione, dopo 4 anni e mezzo. O in assoluzioni perché manca la notifica

ENNA. Aumentano in maniera esponenziale le denunce dell’Inps a carico di imprenditori, commercianti e artigiani che non versano in tempo i contributi per i dipendenti. È un effetto della crisi economica.
I dati provenienti dalla Procura si fermano al primo semestre del 2012, quando le denunce presentate sono state 388, mentre nello stesso periodo dell’anno precedente erano «solo» 75. Ogni anno la Procura deve istruire centinaia di pratiche per tutta la provincia. Il 2012, anche se il dato non è ancora ufficiale, si è chiuso con quasi un migliaio di denunce. Il mese scorso si sono svolte oltre 300 udienze di processi già incanalati e decine di sentenze per questo tipo di reato, dinanzi al giudice monocratico. Spesso, complice il fatto che le denunce vengono presentate man mano che l’Inps scopre le omissioni, le segnala all’interessato e lui non si mette in regola - e in questi passaggi passano anche due o tre anni dal reato - si finisce con la prescrizione, che scatta dopo 4 anni e mezzo; e finisce per premiare i più furbi: se il reato si prescrive, l’imprenditore rischia di non pagare niente.
Non sono rare, però, anche le assoluzioni: basta che un imputato dimostri di non aver ricevuto la notifica della richiesta di pagamento e viene assolto, per mancanza del cosiddetto «elemento soggettivo del reato». I motivi delle assoluzioni sono semplici: se un imprenditore non ha ricevuto la notifica, non sa di essere inadempiente né di commettere un reato, allora va assolto. In tempi di recessione e di tagli alla spesa pubblica, è un paradosso tutto italiano: vengono istruiti migliaia di processi, senza arrivare quasi mai a condanne. Eppure l’Inps ha l’obbligo di denuncia, la Procura ha l’obbligatorietà dell’azione penale e il tribunale di non negare la giustizia. E se poi si pensa che alcuni processi vengono istruiti per omissioni di poche centinaia di euro, allora i limiti della legge sono ancor più evidenti. Dopo gli avvisi di conclusione delle indagini o i decreti penali di condanna (perlopiù a delle multe), il trasgressore e i suoi avvocati hanno due strade: o pagare, magari un’oblazione per i decreti di condanna; o affrontare il processo. Se si paga prima del processo, si viene assolti. Alcuni, però, si «giocano» tutto sulla lentezza della giustizia: chiedono di essere processati con la formula del giudizio ordinario. In questo modo, prima della sentenza, può passare anche più di un anno. Arrivasse la condanna, c’è sempre la possibilità di chiedere l’appello ed, eventualmente, ricorrere in Cassazione. Considerato anche l’enorme ruolo penale di Enna, è praticamente impossibile arrivare alla Suprema Corte senza che siano passati almeno due anni dall’apertura del processo. Due anni, più i tre o quattro anni già passati dal reato, fanno sì che l’accusa, il più delle volte, si cancelli per prescrizione. 

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