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Piazza Armerina, le famiglie sgomberate restano pure fuori dagli alberghi

Il Comune gli ha già offerto una sistemazione all’ospizio S. Giuseppe, ma gli otto si rifiutano di andarci

PIAZZA ARMERINA. Fondi comunali finiti, rimangono senza una dimora le cinque famiglie sgomberate dalle proprie abitazioni in via Itria e via Mendoza lo scorso febbraio. Otto cittadini che fino a qualche giorno fa erano ospitati in una struttura ricettiva a carico delle casse comunali. Poi il capitolo di bilancio gestito dalla Protezione civile nei giorni scorsi si è svuotato, non ci sono più soldi, e le famiglie hanno incontrato l'amministrazione comunale per conoscere le sorti del proprio futuro.
Il Comune ha offerto loro una sistemazione alla Casa di Riposo San Giuseppe, ma di finire in un ospizio per anziani loro, gli sgomberati, non vogliono saperne. Si tratta di una questione di rispetto della loro dignità, dicono. In realtà la sistemazione tra gli anziani assistiti di Piano Sant'Ippolito non comporterebbe, poi, un grosso risparmio di spesa per le casse comunali. «Costerebbe 5 mila euro al mese, non sarebbe certo gratuito per il nostro bilancio», dice l'assessore alla Solidarietà sociale Luigi Bascetta, che aggiunge: «Possibile, invece, il rinnovo di un accordo con una struttura ricettiva a prezzi più modici, magari spendendo la metà, cioè 2500 euro, troveremo i soldi, c'è un'ordinanza da rispettare e che ci impone di dare un tetto a queste persone».
Ma intanto potrebbe essere avviata una verifica catastale per vedere se una delle cinque famiglie possa avere una seconda casa. Si parla anche dell'invio di container in città. Le cinque famiglie del quartiere Canali avevano dovuto lasciare le proprie abitazioni a febbraio, in seguito all'aggravamento del quadro fessurativo delle pareti di casa.
All'inizio si disse che sarebbero bastati una trentina di giorni, il tempo di effettuare una serie di controlli più approfonditi sulle strutture sgomberate. Ma sono passati già sei mesi e non ci sono ancora certezze sui tempi del ritorno a casa. Il versante sul quale si trova l'edificio evacuato è da tempo sottoposto ad un forte rischio di dissesto idrogeologico. Tanto che un progetto già appaltato ed in corso di realizzazione nella zona prevede proprio l'installazione nel sottosuolo di micropali in cemento con l'obiettivo di imbrigliare e stabilizzare la zona.
Si tratta in pratica di veri e propri cilindri in cemento da 60 centimetri di diametro ciascuno che verranno conficcati nel sottosuolo per una ventina di metri di profondità. I veri guai per i residenti sono cominciati con il crollo di una parte della chiesa di Santa Maria dell'Itria, nel dicembre 2007. Strade chiuse al traffico, una fetta del quartiere isolata, intere vie invase da pedane di legno e tubi per puntellare alcuni muri. 

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