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Soldi con le rapine: chiesti sette rinvii a giudizio

Operazione Marea grigia.Spregiudicati e senza scrupoli, secondo la polizia, erano a caccia di denaro facile da far finire in parte nelle casse di Cosa nostra

ENNA. Spregiudicati e senza scrupoli, secondo la polizia erano a caccia di soldi-facili, da far finire in parte nelle casse del clan provinciale di Cosa Nostra. E avevano individuato una strada "redditizia", benché altamente rischiosa e, soprattutto, criminale: le rapine.
La Dda di Caltanissetta ha chiuso con 7 richieste di rinvio a giudizio l'inchiesta "Marea Grigia", dal nome dell'omonima operazione condotta a marzo dagli agenti della sezione criminalità organizzata della squadra mobile, diretti dal vicequestore Giovanni Cuciti.
Le accuse, contestate a vario titolo, sono rapina aggravata in concorso, tentata rapina, ricettazione e riciclaggio di tabacchi. Dovranno presentarsi il prossimo 18 ottobre di fronte a un Gup del Tribunale di Caltanissetta Vincenzo Scivoli, 44 anni, Marco Gimmillaro di 41, entrambi di Aidone; Riccardo, Massimiliano e Piero Abati di Piazza Armerina, rispettivamente di 50, 35 e 25 anni; Salvatore Vitali, 35 anni di Piazza Armerina; e Orazio Pisano, 54 anni di Gela. Gli indagati sono difesi dagli avvocati Gabriele Cantaro, Carmelo Lombardo, Antonio Impellizzeri, Egidio La Malfa, Francesco Albeghina, Giacomo Ventura e Maria Elena Ventura. Scivoli e Gimmillaro sono indagati per rapina ai danni di un commerciante di tabacchi di Gela. Per l'accusa, avrebbero tagliato la strada a un furgone e poi uno dei due, armato di fucile a canne mozze, avrebbe obbligato la vittima a scendere e consegnare cento chili di tabacchi, 10 mila euro in contanti e alcuni telefonini.
Dopo il colpo sarebbero iniziati i problemi per piazzare le sigarette. Scivoli avrebbe interessato Riccardo Abati. Pisano di Gela - che non c'entra niente con le rapine - avrebbe acquistato le sigarette; solo perché intimorito, spiegherà poi lui, sostenendo anche di non averle rivendute a sua volta, perché danneggiate (per lui l'accusa è stata derubricata in un reato minore).
Il denaro, si diceva, sarebbe dovuto finire nelle casse di Cosa Nostra. A confermarlo ci sarebbe una conversazione tra Scivoli e Ivano Di Marco, presunto mafioso non coinvolto in questa indagine. Parlando dei soldi, Di Marco avrebbe ricordato a Scivoli che avrebbe dovuto "dare conto" ad altri. Riccardo Abati, oltre ad aver tentato di piazzare le sigarette, è ritenuto dagli investigatori coinvolto, assieme a Piero, Massimiliano, Vitali e Scivoli, nel secondo "colpo", cioè la tentata rapina ai danni del titolare di una sala giochi di Piazza Armerina.
Sarebbe fallita perché la vittima designata quella sera ha cambiato abitudini, e chi intendeva compiere la rapina non è riuscito neppure a intercettarlo. L'intera fase dell'organizzazione del "colpo" sarebbe stata intercettata invece da una cimice della polizia. L'udienza preliminare è stata chiesta dai pm Roberto Condorelli e Giovanni Di Leo. 

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