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Le cinque famiglie sgomberate a Piazza Il Comune rischia di finire in tribunale

PIAZZA ARMERINA. Avrebbero scritto al Comune e deciso di percorrere le vie legali per tutelare i propri diritti e chiedere i danni. Sgomberati dalle loro abitazioni di via Itria e Mendoza a febbraio per ragioni di sicurezza, ospitati a spese delle casse comunali in una struttura ricettiva per alcuni mesi, poi rimasti senza una sistemazione alternativa, dopo la fine dei fondi comunali, adesso hanno deciso di dire basta.


Lo scorso fine luglio le cinque famiglie sgomberate non avevano vista rinnovata la loro ospitalità presso una struttura ricettiva pagata dal Comune. Il capitolo di bilancio gestito dalla Protezione civile si era svuotato, in pratica non c’erano più soldi e le famiglie avevano incontrato l’amministrazione comunale per conoscere le sorti del proprio futuro.


Il Comune aveva offerto loro una sistemazione alla Casa di Riposo San Giuseppe, ma di finire in un ospizio per anziani, gli sgomberati, non vogliono saperne. Si tratta di una questione di rispetto della loro dignità, dicono. In realtà la sistemazione tra gli anziani assistiti di Piano Sant’Ippolito non comporterebbe, poi, un grosso risparmio di spesa per le casse comunali.


«Costerebbe 5 mila euro al mese, non sarebbe certo gratuito per il nostro bilancio», aveva detto l’ormai ex assessore alla Solidarietà sociale Luigi Bascetta, il quale prima delle sue dimissioni aveva tentato la strada di un accordo con una struttura ricettiva a prezzi più modici, magari spendendo la metà. Si era parlato anche dell’invio di container in città. Ma non se ne era fatto nulla. Le cinque famiglie del quartiere Canali avevano dovuto lasciare le proprie abitazioni a febbraio, in seguito all’aggravamento del quadro fessurativo delle pareti di casa.


All’inizio si disse che sarebbero bastati una trentina di giorni, il tempo di effettuare una serie di controlli più approfonditi sulle strutture sgomberate. Ma sono passati già più di otto mesi e non ci sono ancora certezze sui tempi del ritorno a casa. I loro immobili, nel frattempo, hanno visto praticamente azzerare quel piccolo margine di valore di mercato iniziale già falcidiato da notizie non certo confortanti. Il versante sul quale si trova l’edificio evacuato, infatti, sarebbe da tempo sottoposto ad un forte rischio di dissesto idrogeologico. Tanto che un progetto già appaltato, in corso di realizzazione nella zona, ma a sua volta fermo per pastoie burocratiche da oltre sei mesi, prevede proprio l’installazione nel sottosuolo di micropali in cemento con l’obiettivo di imbrigliare e stabilizzare la zona.

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