Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Droga, estorsioni e rapine a Catenanuova Pestaggi e incendi a chi non si piegava

CATENANUOVA. Restano in carcere i 49 arrestati dell'operazione antimafia Go Kart, condotta dai carabinieri dei nucleo investigativo del comando provinciale di Enna e della compagnia di Nicosia. Il Gip David Salvucci, esaurito il proprio giro di interrogatori di garanzia, non ha modificato di una virgola i contenuti della sua ordinanza di custodia, un documento di ben 1.200 pagine, emesso su richiesta dei pm Roberto Condorelli e Giovanni Di Leo della Dda di Caltanissetta. Alcuni interrogatori sono avvenuti in rogatoria, al carcere Pagliarelli di Palermo, perché contemporaneamente il Gip ne stava svolgendo altri a Agrigento e Caltanissetta. A partire da ieri, intanto, sono partiti i primi ricorsi al Tribunale del Riesame di Caltanissetta contro gli arresti. Ad annunciarli, nei giorni scorsi, sono stati i difensori di quasi tutti gli arrestati. Quasi tutti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, fatta eccezione per un paio di indagati, che hanno fornito chiarimenti e si sono proclamati estranei alle accuse. E intanto, a poco meno di una settimana dagli arresti, trapelano nuovi elementi delle indagini: il presunto clan di Cosa Nostra di Regalbuto, oltre al traffico di droga, si sarebbe cimentato anche nelle richieste di pizzo. Almeno due sono state scoperte. Un imprenditore, per tutta risposta, li sarebbe andati a denunciare; e un commerciante sarebbe stato invitato a versare duemila euro, da destinare a un non meglio precisato gruppo di persone di Catania, "affermando - si legge nell'ordinanza - che a Regalbuto già tutte le imprese edili pagavano". E che, se non avesse pagato, sarebbe successo qualcosa di "spiacevole". A Regalbuto, inoltre, chi non si adeguava, a un certo punto, avrebbe anche subito incendi e pestaggi, come capitato a un giovane presunto spacciatore, che sarebbe stato picchiato selvaggiamente per costringerlo a girare all'organizzazione i proventi dello spaccio. A Catenanuova, da quanto trapela, un imprenditore edile avrebbe subito una richiesta di «messa a posto» da 7 milioni di lire l'anno, pagando dal 1995 al 2013, soldi poi convertiti al rialzo fino a 6 mila euro all'anno, da Cosa Nostra e dal clan Cappello, che per qualche mese risulterebbero addirittura «sovrapposti» nelle richieste di pizzo. Un imprenditore edile, per un'opera privata a Centuripe, infine, sarebbe stato costretto a pagare al clan Cappello di Catenanuova, a Natale del 2007, 500 euro di pizzo, per continuare a lavorare senza subire danneggiamenti.
Intanto ieri mattina il Prefetto Fernando Guida ha ricevuto il Comandante provinciale dei carabinieri, il colonnello Baldassare Daidone, accompagnato dal personale del nucleo investigativo dei carabinieri di Enna e della compagnia di Nicosia, diretti dal capitano Michele Cannizzaro e dal maggiore Michele Monti, che hanno condotto le indagini e eseguito ben 51 arresti (due in più rispetto all'ordinanza, per via di due arresti in flagrante). Nell'occasione il prefetto ha espresso «vivo apprezzamento» per gli importanti risultati raggiunti dai militari, in quanto, con questa operazione, «le organizzazioni criminali presenti sul territorio della provincia, appartenenti a Cosa nostra ennese e ad una frangia del clan «Cappello» di Catania, sono state disarticolate. Una conferma ulteriore - ha aggiunto Guida - della professionalità e dell'impegno che la magistratura e le forze dell'ordine, giornalmente, assicurano al fianco degli onesti cittadini, nella lotta per la legalità».

Caricamento commenti

Commenta la notizia