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Piazza, villa confiscata: lo stop da una denuncia

PIAZZA ARMERINA. Ci sarebbe un esposto dietro l'accertamento avviato dalla Procura regionale della Corte dei Conti sull'assegnazione ad un'associazione locale del bene confiscato alla mafia in contrada Cannata. I magistrati, dopo la segnalazione denuncia arrivata ai propri uffici a Palermo, hanno chiesto agli uffici comunali la trasmissione del bando pubblico per l'assegnazione del bene di contrada Cannata e Farruggio a favore dell'associazione Don Bosco Family e copia della deliberazione di giunta numero 159 dello scorso 13 settembre, con cui inizialmente era stato assegnato il bene all'associazione per dieci anni. In seguito all'iniziativa della Corte dei Conti la giunta comunale ha deciso di revocare in autotutela quell'assegnazione e tornare nella piena disponibilità dell'immobile. Ma subito sono arrivate le dure critiche da parte dell'opposizione del Partito democratico. «L'amministrazione avrebbe dovuto procedere con un bando pubblico sin dall'inizio, l'atto deliberativo di assegnazione è quindi da considerarsi come l'ennesimo atto contrario a quei principi di trasparenza, pubblicità e parità di trattamento, che dovrebbero essere i capisaldi di qualsiasi amministrazione che si presenti ai propri cittadini con correttezza e nel rispetto delle regole», sottolinea Valentina Bonaccorso, responsabile del settore Welfare del circolo del Pd della città dei mosaici. «Che si tratti di incompetenza o di arroganza, certamente la città ne riceve un danno sia dal punto di vista del tessuto sociale che da quello della visibilità», aggiunge il dirigente democratico locale, affermando, poi: «Per quanto ancora dovrà essere necessario l'intervento degli organi giudiziari per far comprendere ai nostri amministratori che gestire la res pubblica è cosa seria e che non può essere il risultato dell'applicazione di improvvisate procedure che violano leggi e regolamenti?». «Sarebbe stato meglio un bando pubblico per scegliere a chi assegnare il bene, per questo abbiamo deciso di revocare in autotutela l'assegnazione effettuata e tornare nella disponibilità del bene, prendendo atto dell'iniziativa della Corte dei Conti, dietro la quale c'è di sicuro l'esposto partito da qualcuno», dice il sindaco Filippo Miroddi. Pare che il procedimento di assegnazione del bene confiscato alla mafia non sia stato suffragato dall'approvazione e pubblicazione di un bando pubblico che avrebbe garantito in modo adeguato i principi di trasparenza, pubblicità e parità di trattamento. Tanto l'esposto quanto la magistratura pare abbiano puntato su questo aspetto. L'assegnazione era stata fatta all'associazione in qualità di capofila della partnership finalizzata alla realizzazione di un progetto, un centro femminile di arte musiva per contrastare il disagio sociale, la disoccupazione e l'emarginazione di donne svantaggiate e discriminate. «Il progetto non risulta essere stato finanziato», si legge nelle premesse alla delibera di revoca del provvedimento votato dalla giunta dopo la richiesta degli atti arrivata dalla Procura della magistratura contabile.

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