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Corso fantasma ad Enna, 7 rischiano il processo

L’associazione «aveva natura giuridica di volontariato e non poteva fare assunzioni: inoltre alcune figure professionali prospettate ai giovani sarebbero state semplicemente inesistenti»

ENNA. Aspiravano a un posto di lavoro come guardie venatorie, guardie giurate, addetti alla circolazione, ai servizi di scorta, o magari "agenti speciali", una figura professionale che in Italia non esiste ma che ha il pregio di riportare alla mente il film americani sull'FBI. Peccato che per una decina di giovani della provincia di Enna, il sentiero veloce verso un'occupazione, che si erano illusi di aver intrapreso, si sarebbe rivelato una truffa. Ne è convinta la Procura di Enna, che ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio per sette ennesi, con accuse a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata alla truffa, al falso e alla detenzione di segni distintivi contraffatti. Fra gli indagati ci sono anche due donne. La richiesta di rinvio a giudizio riguarda Michele P., 49 anni, Maria Rosa P. di 33, Irene F. di 43, Giancarlo T. di 41, Giuseppe T. di 47, difesi dall'avvocato Antonio Impellizzeri, Roberto Mario B. di 54 anni, difeso dall'avvocato Luigi Spinello, e Giuseppe M. di 37, difeso dall'avvocato Vincenzo Spagnuolo. A cinque di loro è contestata l'accusa di associazione a delinquere: è contestata a tutti, in pratica, tranne Irene F. e Giancarlo T., che sono accusati solo di due ipotesi, assolutamente marginali, di detenzione di segni distintivi contraffatti. E il pm Francesco Rio, nell'ipotesi di reato - che, se mai ci fosse un rinvio a giudizio, potrebbe divenire capo di imputazione - delinea quali sarebbero stati i singoli ruoli: Michele P. sarebbe stato il presidente e promotore, Maria Rosa P. la segretaria e preposta alla riscossione delle somme truffate, Giuseppe T. e Roberto Mario B. addestratori all'uso delle armi, mentre Giuseppe M. avrebbe assicurato la disponibilità dei locali per le riunioni. Lo scopo dell'associazione, per la Procura, sarebbe stato commettere un numero indeterminato di delitti di falso, di usurpazioni di funzioni pubbliche e di truffa nei confronti degli associati, che sarebbero stati indotti a aderire all'associazione, lavorare gratuitamente e corrispondere denaro con la prospettiva di essere assunti. Gli indagati dovranno presentarsi il prossimo 29 novembre per l'udienza preliminare. Il personaggio chiave dell'inchiesta, accusato del maggior numero di presunte truffe, è Michele P.. Secondo il sostituto procuratore Rio, che ha coordinato l'indagine della squadra mobile Michele. P. sarebbe stato presidente di un'associazione che "aveva natura giuridica di volontariato" e non poteva fare assunzioni: inoltre alcune "figure professionali" prospettate ai giovani sarebbero state semplicemente "inesistenti". Alcuni ragazzi hanno detto di aver pagato 445 euro per partecipare al corso e acquistare un'uniforme; e di avere pure partecipato a un servizio di vigilanza all'Autodromo di Pergusa. Per il servizio dovevano essere pagati, ma non avrebbero mai visto un soldo. Inoltre pur di lavorare avrebbero partecipato a un corso di difesa personale. 

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