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Ebola, le figlie del medico guarito ricordano "quel tragico sms"

Si è concluso con un abbraccio liberatorio con Anastasia e Norma la storia dell’infettivologo simbolo della lotta contro ebola: «Ho sempre pensato a loro» (nella foto Pulvirenti con Carlo Conti a Sanremo)

ENNA. Si è concluso con un abbraccio liberatorio l’incontro organizzato ieri al Liceo Linguistico con Fabrizio Pulvirenti, l’infettivologo simbolo della lotta contro ebola. Quello fisico tra il medico e le figlie Norma e Anastasia, che frequentano il Lincoln e quello simbolico di tutta la comunità scolastica che si è stretta a una famiglia che negli scorsi mesi ha combattuto una dura battaglia vincendola. La commozione era palpabile nel silenzio di un auditorium pieno di occhi lucidi, di professori e compagni di classe. Norma, la più grande ha ricordato il momento in cui sul display del cellulare «è comparso il messaggio di papà che diceva: «Ho fatto il test e sono risultato positivo», io e mia sorella siamo rimaste impietrite non riuscivamo a dire una parola.Pervase dall’angoscia abbiamo pianto a dirotto».

Anya, così chiamano la più piccola, ha confessato il malessere vissuto, però ha voluto ringraziare dal profondo del cuore compagni e insegnati «che mi hanno sostenuto nella maniera giusta», tutti pronti ad ascoltarla nessuno ad indagare sulla sua vita. Che ha scaturito l’abbraccio di Pulvirenti che ha pianto anche lui di commozione. L’infettivologo, rispondendo alle tantissime domande rivoltagli dai ragazzi che volevano conoscere l’uomo non solo il medico famoso ha confessato «In quei giorni ho percorso a ritroso la vita. Sì, avevo paura di morire ma la fiammella della speranza è rimasta accesa. L’ultimo pensiero prima di essere sedato è stato per le mie figlie e il primo pensiero al risveglio è stato per le mie figlie». A introdurre l’incontro Angelo Di Dio, il dirigente scolastico che lo ha definito «uno di noi, non un eroe ma una persona che va ammirata per quello che ha fatto». Alla sua vicenda umana ha partecipato tutto l’istituto per la presenza delle figliole. «Custodirò un solo ricordo racchiuso in un pianto e un sorriso - ha detto il preside - il pianto di Norma quando mi ha comunicato il contagio del padre chiedendomi di essere protetta dai giornalisti. E il sorriso di Anastasia, quando mi ha informato dell’avvenuta guarigione».

 

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