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Sequestro da 150mila euro a imprenditore di Regalbuto ritenuto vicino a clan catanese

ENNA. Sequestro di quattro terreni del valore di 150 mila euro per l’imprenditore Giuseppe Monaco, di Regalbuto, di 63 anni, considerato vicino al clan Santapaola-Ercolano di Catania.

Monaco è stato arrestato il 3 novembre 2010 nell’ambito dell’operazione denominata Iblis per associazione mafiosa. L’uomo è stato condannato lo scorso il 28 settembre 2016 dalla Corte D’Appello di Catania a 12 anni di carcere.

Dalle indagini dell’inchiesta Iblis sarebbe emerso che Monaco era considerato dagli esponenti del clan locale un imprenditore di "fiducia" e "a disposizione". Il rappresentante di Cosa Nostra ennese Vincenzo Aiello avrebbe definito Monaco come una persona che conosceva da oltre 30 anni, un suo "amico" che gli stava "alle spalle", che si era sempre comportata in modo "corretto", mandando somme di denaro anche in momenti in cui era in crisi economica.

I carabinieri di Nicosia hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo, emesso dal Gip del Tribunale di Caltanissetta su richiesta della Dda nissena, nei confronti di Monaco e di suo nipote e prestanome Carmelo Climenti Gangi, di Catania, di 31 anni. Sono stati sequestrati quattro terreni agricoli, che si estendono per circa 5 ettari, nelle contrade Sigrito del Comune di Regalbuto del valore di 150 mila euro.

L’indagine, coordinata dalla Dda di Caltanissetta e condotta dai carabinieri di Nicosia, ha consentito di accertare come i terreni fossero stati acquistati dal Carmelo Climenti Gangi prestanome di Monaco, che è il reale proprietario.

Il 14 dicembre 2014 a Monaco sono stati già sequestrati beni per 22 milioni di euro dai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Catania. Sigilli sono stati posti a 26 immobili, nove imprese e a sei disponibilità finanziarie.

Dalle indagini del Ros nell'inchiesta Iblis è emerso che Monaco avrebbe messo a disposizione di Cosa nostra catanese la sua attività imprenditoriale, in stretta connessione con l'allora rappresentante provinciale Vincenzo Aiello ed altri affiliati mafiosi di rango. L’imprenditore avrebbe partecipato alla distribuzione di lavori controllati dal clan a cui versava anche delle somme di denaro e permettendo ad imprese mafiose o a disposizione dell'associazione di partecipare a attività economiche.

Secondo l'accusa, negli anni '90 Sandro Monaco partecipò al cosiddetto "tavolino" per la spartizione degli appalti pubblici in Sicilia, come ha ricostruito con le sue dichiarazioni Angelo Siino, il collaboratore di giustizia noto per essere stato il "ministro dei lavori pubblici" di Cosa nostra.

In alcune intercettazioni del 1998, esponenti di spicco della 'famiglia' La Rocca di Caltagirone parlano di Monaco come persona che doveva "farsi sentire" e che era in contatto come "amico". Tanto che, secondo il pentito Salvatore Chiavetta, in quell'epoca l'imprenditore avrebbe dovuto consegnare alla cosca Santapaola 10 milioni di lire, ma ne pagò soltanto la metà: 5 milioni di lire.

Dalle indagini Iblis dei carabinieri del Ros, emergerebbe che Monaco ha continuato a mantenere stretti rapporti con Cosa Nostra sia di Enna che di Catania, versando loro somme di denaro. Inoltre avrebbe partecipato ad affari insieme a Cosa Nostra etnea e, in particolare, era uno di quegli imprenditori che doveva partecipare, insieme a Vincenzo Aiello, ai lavori del Parco Tematico di Regalbuto.

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