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Barrafranca, spari in campagna: ucciso commerciante di auto

BARRAFRANCA. Gli hanno sparato mentre di buon mattino, intorno alle 7, stava lavando l’auto davanti casa, nella campagna di Barrafranca, in provincia di Enna. Filippo Marchì, 48 anni, si è accasciato in una pozza di sangue, poi i sicari lo hanno finito con un colpo d’arma da fuoco in pieno volto, che gli ha sfigurato il viso. Una modalità che per gli investigatori è tipica dell’esecuzione mafiosa, ed è questa la pista privilegiata che stanno seguendo per dare un movente all’omicidio.

Gli spari sono stati sentiti dalla moglie e da una delle due figlie della vittima, che hanno avvertito i carabinieri. L'inchiesta è coordinata dal sostituto procuratore della Dda di Caltanissetta, Santi Roberto Condorelli, che ha effettuato un sopralluogo nell’abitazione, dove gli esperti balistici e la scientifica si sono occupati dei rilievi.
Marchì era un nome noto in paese, comune di poco più di 13 mila abitanti, perché gestiva una concessionaria per la vendita di automobili usate. Sul suo passato ci sono alcune ombre su cui gli inquirenti stanno cercando di fare luce per risalire al contesto in cui è maturato il delitto.

Ventidue anni fa, Marchì, a quei tempi disoccupato, era riuscito a sfuggire a un agguato. Si trovava con sua moglie, Maria Stelletta, in auto vicino a Barrafranca, quando all’improvviso la vettura fu raggiunta da una pioggia di colpi di arma da fuoco. L’uomo rimase illeso mentre la moglie fu gravemente ferita. Era il 21 luglio, quando i sicari spararono colpi di pistola e fucile.

Sei anni dopo Marchì da vittima di agguato finì per diventare imputato in un processo per omicidio: fu accusato di avere ucciso un imprenditore del settore movimento terra a Barrafranca; l’uomo venne trovato morto in auto sulla strada provinciale Enna-Barrafranca. Il commerciante, accusato dell’assassinio, fu assolto in primo e in secondo grado, con la Procura che decise di non impugnare la sentenza. Quel delitto rimase irrisolto, Marchì tramite il suo legale avviò un procedimento per ingiusta detenzione chiedendo un risarcimento al ministero della Giustizia di oltre mezzo milione di euro. Una lunga scia di misteri che stamani ha avuto un epilogo tragico.

 

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