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Pizzo ad un allevatore, due arresti: altro colpo alla mafia dei Nebrodi, quei clan legati alla 'ndrangheta

Aziende sequestrate, terreni requisiti e una cinquantina di arresti: così lo Stato stringe il cerchio sulla mafia emergente collegata alla 'ndrangheta

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PALERMO. Una mafia sempre più forte, emergente, a volte silenziosa e lontana dai riflettori che però si fa sentire su chi da quelle parti prova ad alzare la testa e fare impresa.

Sui Nebrodi l'ultima operazione dei carabinieri è di poche ora fa. I militari del comando provinciale di Enna e Catania hanno arrestato due pregiudicati catanesi, appartenenti alla famiglia mafiosa dei Mazzei, accusati di taglieggiare con continue estorsioni ad un allevatore di cerami, titolare di aziende nel Parco dei Nebrodi.

L'indagine, dello scorso mese di giugno, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Caltanissetta, è stata condotta dai carabinieri della compagnia di Nicosia.

In manette sono finiti Carmelo Pantalena, 44 anni, e Sebastiano Sudano, 38 anni, di Raddusa. Gli indagati erano già stati coinvolti, lo scorso 24 luglio, in altri casi di estorsione aggravata e continuata.

La cosiddetta mafia dei Nebrodi viene forse considerato il fenomeno di maggiore espansione nella malavita organizzata, con legami anche con la 'ndrangheta calabrese. Nell'ultimo anno l'azione delle forze dell'ordine è stata particolarmente stringente, con alcune azioni che hanno fatto emergere un vero e proprio sistema di potere.

A partire dalla operazione "Senza tregua" del maggio dello scorso anno, subito dopo l'attentato al presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci. Un'operazione che coinvolse 23 persone in cui emergeva la figura di Antonio Foraci detto il "calabrese" che gestiva gli affari dei mafiosi cosiddetti "tortoriciani" poiché i Bontempo Scavo erano in carcere.

Foraci avrebbe avuto collegamenti anche in Calabria dopo aver intrattenuto dei contatti con la famiglia della 'ndrangheta calabrese dei Nirta-Strangio grazie ai legami creati in carcere tra Massimo Rocchetta dei Tortoriciani e un detenuto appartenente alla famiglia Strangio. In particolare i Tortoriciani si sarebbero accordati per un'estorsione in Calabria ad una ditta dei Nebrodi che aveva vinto un appalto.

Poco dopo, era la fine di luglio del 2016 i carabinieri hanno messo a segno "Triade", 21 le persone coinvolte, componenti di una presunta organizzazione di narcotrafficanti, che aveva monopolizzato il mercato degli stupefacenti su gran parte del litorale tirrenico messinese.

Fiumi di hashish e marijuana, prodotti proprio sulle montagne dei Nebrodi sotto l’egida delle famiglie mafiose di Tortorici, giungevano fino alla costa per essere smerciate nei locali e nelle principali “piazze dello spaccio” controllate dalla banda, che aveva base proprio a Milazzo e Barcellona Pozzo di Gotto.

E ancora, nel febbraio di quest'anno, diciassette pascoli dei Nebrodi sottratti ad aziende oggetto di interdittiva antimafia. Ad intervenire, questa volta, la guardia di finanza di Enna che colpì la gestione di 4.200 ettari di terreni del demanio di Troina, concessi a pascolo.

Sempre a febbraio i carabinieri entrarono in azione contro 9 persone, finite in carcere, che avrebbero costretto con minacce e intimidazioni i contadini e gli allevatori a cedere i loro terreni per riuscire a scavalcare il "Protocollo Antoci". In questo sarebbero riusciti ad accedere ai contributi europei per l'agricoltura senza passare da quel certificato antimafia che viene richiesto ormai a chi stipula contratti di affitto di terreni pubblici con le amministrazioni locali.

E' nata così la vasta operazione antimafia che ha portato all'azzeramento dei vertici delle cosche di Cesarò, in provincia di Messina, e di Bronte. Un'operazione coordinata dalla Dda della Procura di Catania che ha portato a nove provvedimenti di fermo per gli indagati.

Di un paio di mesi fa, infine, il provvedimento della Dia di Catania che ha sequestrato il patrimonio di Giovanni Pruiti, di 41 anni, attualmente detenuto. Secondo gli inquirenti Pruiti è il reggente del clan mafioso di Cesarò, alle dipendenze di Salvatore Catania, a sua volta referente territoriale per la zona di Bronte e territori limitrofi del clan catanese dei Santapaola.

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