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L’omicidio della romena Violeta: resta in carcere il suo ex compagno

Giuseppe Chiavetta passerà le vacanze in cella. A breve gli esiti degli esami del Ris

ENNA. Trascorrerà il Natale in carcere a Nicosia Giuseppe Chiavetta, il disoccupato di 43 anni arrestato dai carabinieri con l'accusa di aver ammazzato la sua ex, la romena Violeta Coreou, il cui corpo non è mai stato trovato. Il tribunale del Riesame di Caltanissetta ha fissato per il 28 dicembre la data dell'udienza per giudicare se ci siano o meno i motivi per tenerlo in prigione. I suoi legali, gli avvocati leonfortesi Ones Benintende e Damiana La Delfa, hanno fatto ricorso al tribunale di Libertà, chiedendo di annullare l'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Marco Carbone e scarcerarlo.
Secondo l'accusa, lei lo aveva lasciato e stava tornando brevemente in Romania, prima di tornare in Sicilia dal suo nuovo fidanzato, un catanese. E per questo lui, che per i testimoni ne era follemente geloso, l'avrebbe uccisa. Il ricorso al Riesame è stato depositato dieci giorni fa dal penalista leonfortese, che anche ieri si è negato ai cronisti - confermando solo di aver presentato il ricorso e di avere chiesto l'annullamento dell'ordinanza - per "rispetto delle indagini", nonché "della posizione" del suo cliente. Da quanto emerge, la difesa ha contestato sia le esigenze cautelari che i cosiddetti "gravi indizi di reità", che sono correlati: se davvero ha ucciso la sua ex, allora c'è di certo un'esigenza cautelare, poi resta da comprendere se si tratti di un pericolo di fuga, di reiterazione del reato o di inquinamento probatorio. Intanto dal carcere Chiavetta non ha ancora aperto bocca né con il procuratore Fabio Scavone né con il sostituto Fiammetta Modica.
Subito dopo Natale intanto potrebbe arrivare anche l'esito dei rilievi del Ris e della Sis dei carabinieri di Messina e Enna sul dna rinvenuto nel sangue dentro la Fiat Punto che Chiavetta aveva affidato ai demolitori. Se appartenesse a Violeta, secondo gli investigatori, sarebbe un importante indizio, in quanto si trattava di schizzi di sangue, puliti alla meno peggio, come quelli che vengono provocati da un'aggressione violenta. A "incastrare" il leonfortese, secondo gli inquirenti, sarebbe stato il suo atteggiamento, ritenuto fortemente sospetto, che li ha portati a indagare su di lui e scoprire che si era sentito con Violeta, pochi giorni prima che la giovane sparisse nel nulla, e che lei lo era venuto a trovare. Poi nella sua macchina sono state trovate tracce di sangue. Spariti nel nulla, invece, due sedili e un pannello, dove per gli inquirenti potrebbe essere schizzato altro sangue. Non è chiaro infine se i militari abbiano trovato tracce di sangue anche in alcuni attrezzi, come una mannaia, trovata nel garage del presunto assassino, un disoccupato poco conosciuto, incensurato, che è sempre stato ritenuto da tutti una persona "tranquilla". Se fosse stato lui a uccidere Violeta e se facesse trovare il corpo, non è escluso che questo possa tornargli utile, come attenuanti di un'eventuale domanda.

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