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Deruba anziano dopo la morte: condannata la badante

Quattro mesi a una marocchina che aveva accudito l’uomo per otto anni, abitando nella stessa casa. Per i giudici,si sarebbe appropriata indebitamente di 5 mila euro

ENNA. Avrebbe alleggerito il conto corrente di un anziano che aveva accudito come badante, prelevando 5 mila euro dal Banco di Sicilia. Lo avrebbe fatto due giorni dopo la morte dell'uomo, senza particolari difficoltà dato che lui, qualche anno prima di morire, le aveva co-intestato il conto. Adesso il tribunale di Enna ha condannato per appropriazione indebita la badante Fatima Saissi Hassani, marocchina di 58 anni. Il giudice monocratico Giovanni Milano le ha inflitto una condanna a 4 mesi e 400 euro di multa, con la condizionale, oltre a condannarla pure al pagamento delle spese processuali e al risarcimento dei danni alla parte civile, il figlio dell'anziano, che si è costituito con il ministero legale dell'avvocato Sergio Bonincontro.

Al figlio del suo ex datore di lavoro dovrà pure rifondere le spese di costituzione al dibattimento. I fatti risalgono al marzo del 2005. Il 28 marzo la morte dell'anziano. Lei aveva lavorato alle sue dipendenze per quasi otto anni, dal 1997 al giorno del decesso, con il ruolo di badante e di collaboratrice domestica. Un ruolo che a un certo punto la portò a coabitare assieme a lui. L'anziano pagava le spese per il suo sostentamento e nel frattempo riceveva assistenza dalla badante e collaboratrice domestica, considerato che i suoi figli lavorano fuori dalla Sicilia. Lui era autosufficiente e per questo decise di affidarsi a una lavoratrice. E così, secondo quanto è emerso, sarebbe stato per anni.

Un rapporto lavorativo che non avrebbe mai provocato problemi. Solo che poi, due giorni dopo il decesso, il 30 marzo di otto anni fa, la marocchina - secondo quanto emerso dalle indagini e dal dibattimento di primo grado - avrebbe deciso di andare in banca e prelevare dei soldi. E questo chiaramente non andò giù alla famiglia dell'uomo, che la denunciò. Quel documento, il prelievo dal conto, fu la prova di una presunta appropriazione indebita. La Procura formulò anche una circostanza aggravante: aver agito approfittando del rapporto di prestazione d'opera. Lei si giustificò, interrogata dagli ufficiali di polizia giudiziaria, negando ogni addebito, negando dunque di aver mai preso soldi che appartenevano a lui. Sta di fatto che il tribunale, evidentemente, non la pensa così.

E adesso il giudice Milano l'ha condannata a quattro mesi, con pena sospesa. Le motivazioni della sentenza saranno note entro i prossimi novanta giorni, dopodiché inizieranno a decorrere i termini per eventuali ricorsi in appello da parte della difesa.

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