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«Diede asilo al pericoloso superlatitante»: indagato imprenditore di Valguarnera

VALGUARNERA. Secondo i pentiti avrebbe dato rifugio al pericoloso superlatitante Daniele Emmanuello, il «boss dei bambini», sanguinario capomafia di Gela che fu uno dei carnefici del piccolo Giuseppe Di Matteo, il dodicenne rapito, ucciso e sciolto nell'acido dalla mafia nel '96, perché figlio di un pentito. Per questo è indagato a Caltanissetta, con l'accusa di favoreggiamento aggravato alla mafia, l'imprenditore agricolo di Valguarnera Gabriele Giacomo Stanzù, 51 anni. Già dieci anni prima di trovare la morte a Villapriolo (il 3 dicembre 2007, durante un conflitto a fuoco con la polizia), dunque Emmanuello, che fu uno dei dieci latitanti più pericolosi di Italia, si sarebbe nascosto nelle masserie della provincia di Enna, fra Valguarnera, Piazza Armerina e Aidone. Lo sostengono i pentiti di Gela Carmelo Billizzi e Crocifisso Smorta, che hanno puntato l'indice contro Stanzù. La Dda di Messina aveva già chiesto il rinvio a giudizio di Stanzù, con l'accusa di aver favorito la mafia, aiutando i fratelli Daniele e Alessandro Emmanuello, mettendo a loro disposizione degli appartamenti, fra il 2000 e il 2003, in territorio di Capizzi. Ma all'udienza preliminare il difensore di Stanzù, il penalista Antonio Impellizzeri, ha formulato un'eccezione di incompetenza territoriale: se favoreggiamento c'è stato, ha sostenuto il difensore in aula, allora sarebbe cominciato nel '96 ad Aidone, in provincia di Enna. Il gup ha accolto l'eccezione e trasmesso gli atti alla Dda di Caltanissetta, per competenza territoriale e funzionale. I magistrati nisseni dovranno emettere un nuovo avviso di fine indagine e formulare una nuova richiesta di rinvio a giudizio. L'inquietante intreccio tra Cosa Nostra ennese e altri clan siciliani, si ricorda, è stato svelato da un'inchiesta della squadra mobile, che ha scoperto il possibile mandante del delitto di Franco Saffila, il trattorista ucciso a Aidone nel settembre del '98. Stanzù per quel delitto è stato condannato in primo grado a 19 anni, e il suo avvocato proprio in questi giorni sta discutendo l'appello. Secondo l'accusa, Stanzù avrebbe fatto uccidere Saffila dalla mafia gelese per vendetta, ritenendolo l'assassino del padre (ucciso ben vent'anni prima).

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