PIETRAPERZIA. Voci contrastanti in paese per l'arrivo a Pietraperzia di extracomunitari. In questi giorni è l'argomento più trattato nelle conversazioni della gente. Nei bar, nei sodalizi, in piazza e per le strade non si parla di altro. Alcuni accettano il loro arrivo senza se e senza ma. Altri, invece, manifestano delle riserve e procedono con i «piedi di piombo». Primo girotondo della Solidarietà» in piazza Vittorio Emanuele. Tra i partecipanti don Giovanni Bongiovanni, parroco di Santa Maria di Gesù che ha detto: «Abbiamo la colpa del nostro colonialismo del passato. Ora non dobbiamo avere paura ad aprire il nostro cuore. La politica dell'accoglienza non deve riguardare solo Pietraperzia ma l'intera umanità».
Tra i "titubanti" prevale un pensiero comune: cosa faranno gli immigrati una volta arrivati in paese? Come trascorreranno il loro tempo? Abbiamo raccolto alcune voci con pareri contrastanti. Giovanni Falzone (Presidente Circolo di Cultura): «Nello statuto del nostro sodalizio ci sono i valori di multiculturalità, solidarietà, accoglienza. Non possiamo non essere disponibili ad accogliere quanti si trovano in situazioni di bisogno». E conclude: «Condividiamo però le preoccupazioni di quanti temono per l'ordine pubblico che rappresenta un problema, indipendentemente dalla presenza degli immigrati la cui accoglienza non può inoltre essere rappresentata come una opportunità di lavoro».
Il capogruppo consiliare di opposizione Franco Di Calogero (capogruppo consiliare di opposizione): «Essere contrari all'arrivo nel nostro paese degli immigrati non significa essere razzisti. Io penso che il numero di arrivi di cui si parla, per la nostra comunità sia eccessivo perché non abbiamo strutture e servizi di vigilanza idonei a poterli ospitare». Franco Di Calogero continua: «Non è un fatto di opportunità essere contrari a qualsiasi costo. Bisogna trovare una giusta soluzione per dare a questa povera gente una accoglienza nel migliore dei modi, cosa che noi non possiamo offrire proprio per mancanza di strutture e servizi». E conclude: «Questo non significa essere contro gli immigrati e quindi razzisti ma dobbiamo trovare forme di aiuto e coinvolgimento di tutti i Comuni e le associazioni di volontariato e religiose dell'Ennese e non caricarli su un solo Comune». Il politologo Domenico Paci: «Dobbiamo essere pragmatici. C'è una emergenza umanitaria e va affrontata. Bene ha fatto il sindaco Enzo Emma a dare la disponibilità ma si pone un altro problema. Manca un progetto serio di integrazione e accoglienza di queste persone».
«La cosa che mi lascia alquanto sconcertato - continua Domenico Paci - che il sindaco Emma parla sempre di 12 posti di lavoro che si verrebbero a creare. Lo ha fatto per un gesto umanitario o per i 12 posti di lavoro?».
Il meccanico Rocco Marotta: «Accogliamo questi nostri fratelli e ricordiamoci che anche noi, nel passato abbiamo avuto il problema dell'emigrazione e non siamo sicuramente stati respinti». Fabio Calì (Presidente Società Margherita): «Sono favorevole all'integrazione degli immigrati. Si tratta di profughi che fuggono da realtà drammatiche come la guerra e la fame. Dobbiamo porgere una mano di aiuto e di solidarietà perché sono nostri fratelli e vanno trattati come tali». L'avvocato Paolo Di Marca, ex assessore alla Scuola della giunta Emma dichiara: «I valori di solidarietà sono stati sempre alla base della cultura del popolo pietrino. Il multiculturalismo e l'integrazione sono valori fondamentali che caratterizzano le società moderne. La cultura dell'accoglienza deve essere sempre mirata ad integrare e a non giudicare senza se e senza ma. Sarebbe sbagliato chiudersi a riccio e non accettare l'altro, il diverso da noi, l'emarginato e chi è meno fortunato di noi». Michele di Cataldo, un emigrato pietrino a Charleroy, in Belgio, su Facebook scrive: «A Pietraperzia, un paese solidale, si crea quindi un clima di paura, di insicurezza, di protezione degli autoctoni, rapine, stupri e chi più ne ha 'più ne metta. Vorrei con semplicità farvi partecipi della mia esperienza di emigrato e di quello che si prova quando si lascia la propria casa e si arriva in un luogo sconosciuto. Vorrei chiedervi, prima di giudicare questi extracomunitari, di investire nell'accoglienza, di tessere con loro quei rapporti umani che permettono di vivere insieme applicandovi nel realizzare quella cultura migratoria che ci ha resi tolleranti e non fanatici, conciliativi e non sobillatori». E conclude: «Dobbiamo dare loro una chance perché non hanno lasciato il loro paese solamente per una gita. Il prossimo Venerdì Santo, prima di gridare Pietà e Misericordia Signuri, facciamoci un esame di coscienza».