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Enna, tentò di ucciderla: esce e tornano insieme

ENNA. La sua condanna per tentato omicidio è passata in giudicato, ma a giorni Aurel Negrut, l'operaio romeno di 44 anni che nel marzo del 2010 sgozzò la moglie Carmen alla fermata dei bus di Enna bassa, potrebbe lasciare il carcere e tornare a vivere assieme a lei. I due si sono riappacificati da tempo e la donna, particolare non da poco, ha anche deposto in suo favore al processo. E così il suo avvocato, il penalista ennese Michele Caruso, sta per chiedere l'applicazione della "liberazione anticipata" e la concessione, quantomeno, degli arresti domiciliari. Aurel prese 8 anni e 4 mesi. La difesa in pratica si rivolge al Tribunale di Sorveglianza, considerato che il romeno ha già scontato due terzi della pena, al netto della buona condotta, e dunque potrebbe espiare ciò che resta, quantomeno, ai domiciliari. L'episodio, si ricorda, era avvenuto mentre i due stavano partendo per tornare brevemente in Romania. Scesi dal bus, lui raccolse un pezzo di vetro da terra e lo usò per pugnalarla, prima di tentare di uccidersi. La donna se la cavò miracolosamente, grazie all'intervento della polizia e dell'ambulanza. Poi però Carmen lo difese, rendendosi protagonista di un clamoroso voltafaccia in aula. Lei che inizialmente lo aveva accusato, riferendo alla polizia di presunti, ripetuti, maltrattamenti subiti - e sostenendo che voleva ucciderla perché lei aveva deciso di lasciarlo - in aula ritrattò. Disse che lui aveva deciso di suicidarsi e che lei, comprendendolo, si sarebbe intromessa. Aggiunse di aver cercato di togliergli dalle mani i pezzi di vetro con cui aveva cominciato a sgozzarsi e che lui le avrebbe tagliato la gola "istintivamente". Lui, più o meno sulla stessa linea, precisò anche di aver avuto una "visione" e di aver deciso di farla finita, prima che lei tentasse di fermarlo. Sta di fatto che per i giudici, invece, si trattò di tentato omicidio, da qui la condanna a 8 anni e 4 mesi, divenuta definitiva, con l'aggravante del fatto che la vittima era sua moglie e con le attenuanti generiche. L'avvocato Caruso, si ricorda, aveva chiesto l'assoluzione per "mancanza di prove": per la difesa non c'era alcuna prova per sostenere che Negrut avesse l'intenzione di uccidere la moglie, condizione essenziale perché sussistesse il reato di tentato omicidio: per legge si applica quando la morte non avviene per motivi indipendenti dalla volontà dell'autore del gesto. Per la difesa, Negrut non voleva assassinarla, ma semplicemente sarebbe stata una situazione "incontrollabile", una colluttazione in cui avrebbe perso ogni tipo di controllo. Il legale aveva chiesto dunque, in buona sostanza, di derubricare l'accusa da tentato omicidio a lesioni gravi, e dunque ottenere così una forte riduzione di pena, che tenesse conto di tutte le attenuanti che sarebbero emerse dalla nuova ricostruzione e delle pene previste per il reato di lesioni.

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