NICOSIA. “La nostra città ha bisogno di stabilità, non può vivere nella paralisi” e “la Chiesa è sentinella che a volte alza la voce”. Sono parole di monsignor Salvatore Muratore vescovo di Nicosia, che sono risuonate come un monito e anche come un invito all’operosità civile, nella cattedrale gremita per festeggiare, sabato 6 dicembre, il patrono della Diocesi, San Nicola. E a queste parole il pensiero non poteva non andare, e velocemente, agli ultimi mesi di vita politica della città caratterizzati da una, forse, eccessiva contrapposizione sfociata, troppo spesso, in litigiosità con toni al di sopra delle righe. Un crescendo di polemiche e attacchi trasversali che ha portato ad una netta spaccatura tra amministrazione e consiglio comunale. E quindi, l’11 novembre, alla richiesta di sfiducia all’amministrazione comunale da parte di 16 consiglieri su 20 e, il 3 dicembre, alle dimissioni, qualche ora prima del voto della sfiducia, del sindaco Sergio Malfitano. “Nicosia ha un cuore, una dignità, una storia, tante persone – ha rivendicato il vescovo di Nicosia – di buona volontà che ne vogliono il bene. Non difendo nessuno e non do colpa a nessuna, ma – ha sottolineato – la nostra città ha bisogno di stabilità, non può vivere nella paralisi, ha bisogno di spinte, di speranza, di progetti concreti, di sviluppo di futuro. Il nostro territorio ha bisogno di fiducia, non di liti, di contrapposizioni, di continue campagne elettorali”. Parole che non hanno bisogno di commenti quelle del vescovo Muratore che più volte, “alzando la voce”, ha assunto posizioni nette in difesa del territorio. “La Chiesa – ha ribadito nell’omelia - non vive al di fuori, deve essere incarnata nella storia. Sentinella che a volte alza la voce e che a volte in maniera silenziosa abbraccia i problemi e le sofferenze. Qualcuno si è meravigliato che il vescovo abbia alzato la voce. In difesa del territorio, di Nicosia. Il vescovo come la Chiesa – ha aggiunto senza parafrasi – non può tacere”. E monsignor Muratore ha dimostrato, più volte, di essere un vescovo che non tace. Negli ultimi cinque anni, ossia da quando è alla guida della Diocesi, ha parlato più volte per denunciare il precario stato viario e la piaga della disoccupazione cui si lega strettamente il fenomeno dell’emigrazione. Ha parlato per difendere i diritti di un territorio depredato di servizi essenziali, dalla sanità alla garanzia di giustizia.