ENNA. Due clan mafiosi della provincia, Villarosa e Calascibetta, ormai di fatto accorpati l'uno con l'altro. Tre cosche storiche che comandano a Enna, Pietraperzia e Barrafranca e una quarta in ascesa, a Catenanuova. È un quadro a tinte fosche il ritratto della mafia ennese che emerge dall'ultima rilevazione della Direzione investigativa antimafia, contenuta nella relazione semestrale che la Dia ha fornito proprio in questi giorni al Parlamento, consegnata al ministro dell'Interno Angelino Alfano. Il potere mafioso in provincia di Enna, per certi versi, appare quasi calato dall'alto, perché Enna è ritenuta zona «d'influenza» di Cosa Nostra nissena e catanese. Ma adesso, sul territorio, c'è pure la stidda del clan Cappello, con tutta la sua pericolosità e con i suoi affari, sempre più orientati verso il traffico di droga, oltre alla raccolta del pizzo. «Il tessuto mafioso della provincia è caratterizzato dall'assenza di una guida costante e univoca e vive a fasi alterne a seconda che prevalga la componente nissena o quella etnea che, di fatto, si dividono le sfere d'influenza - scrive la Dia nella relazione semestrale relativa al primo semestre del 2014 -. Nel semestre di riferimento, accanto alle storiche famiglie di Cosa nostra ennese, diretti da personaggi privi di carisma criminale, si è evidenziato un gruppo operante a Catenanuova, quale diretta emanazione del clan Cappello di Catania. Quest'ultimo, ridimensionando la presenza di cosa nostra ennese, ha rilevato il controllo delle estorsioni incrementando ulteriormente i profitti grazie al traffico di stupefacenti. Anche in questa provincia, in linea con il trend riscontrato in tutta la Sicilia, il narcotraffico sembra essere diventato, negli ultimi due anni, l'attività principale per redditività». ALTRE NOTIZIE SUL GIORNALE DI SICILIA IN EDICOLA OGGI