ENNA. Da anni i pentiti lo accusano di essere stato il sicario che uccise Totò Saitta, il boss barrese vittima di un omicidio in mezzo alla strada, a colpi di pistola, il 25 giugno 1992. E per questa accusa aveva preso l’ergastolo, inflitto dai giudici della Corte d’assise di Caltanissetta e confermata da due Corti d’appello, dopo un primo annullamento della Cassazione, scontando, in fase cautelare, quasi 3 anni e mezzo di carcere. Ma da ieri Piero Pernagallo, 49 anni, catanese di Grammichele, è stato definitivamente prosciolto dall’accusa, perché la Suprema Corte ha annullato senza rinvio la condanna: assolto con sentenza passata in giudicato. E adesso il suo avvocato, il penalista Antonio Impellizzeri, che lo difende sin dal primo grado di giudizio, annuncia che chiederà un risarcimento per ingiusta detenzione. Le tappe processuali di questa vicenda iniziano nel 2010. Il 23 gennaio, giorno della condanna di primo grado all’ergastolo, Pernagallo finisce in manette nell’operazione della squadra mobile “Caterpillar”. E rimane detenuto fino a quando, dopo la conferma in appello a Caltanissetta (il 15 maggio 2012), la prima sezione penale della Cassazione, il 28 gennaio 2014, annulla la condanna, rinviando a un nuovo giudizio di appello. Per decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare, viene scarcerato. Così si ritorna in appello e il 10 febbraio scorso la Corte di Catania conferma l’ergastolo, disponendo nuovamente l’arresto, paventando un concreto “pericolo di fuga”. L’arresto però viene annullato, diciotto giorni dopo, dal Riesame, che lo rimette in libertà, nonostante sulla sua testa penda ancora una condanna all’ergastolo. Il resto è storia recente. Su ricorso dell’avvocato Impellizzeri si ritorna in Cassazione. DAL GIORNALE DI SICILIA IN EDICOLA. PER LEGGERE TUTTO ACQUISTA IL QUOTIDIANO O SCARICA LA VERSIONE DIGITALE