CATENANUOVA. Il venticinquenne Vito Donzì, nel 1997, fu inghiottito dalla lupara bianca a Catenanuova. Il delitto fu commesso da un gruppo satellite del clan ennese di Cosa Nostra.
Adesso è una verità processuale. La vittima, un giovane ritenuto scomodo e "inviso" alla mafia ennese, fu uccisa a colpi di pistola. Poi il corpo venne distrutto con un rituale orrendo: dato alle fiamme in una discarica di pneumatici, ne fu gettata una parte in un laghetto e infine sotterrata, visto che galleggiava. Adesso i giudici della prima sezione penale della Corte di Cassazione hanno ridotto, dall' ergastolo a 30 anni, la pena inflitta a Salvatore Leonardi, ritenuto il mandante, e Salvatore Marletta, ritenuto invece il basista dell' omicidio. A commetterlo fu Nino Mavica, collaboratore di giustizia reo confesso ma uscito senza macchia dal processo grazie alle attenuanti (in particolare proprio all' attenuante specifica che spetta ai pentiti), che hanno fatto subentrare la prescrizione, benché si trattasse di un omicidio. La Corte di Cassazione, dunque, ieri ha escluso la possibilità di infliggere l' ergastolo ai due imputati, virando sui 30 anni e dichiarando la pena definitiva.
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