VALGUARNERA. «Non conosco Matteo Messina Denaro. Ho inventato tutto io e l’ho fatto perché avevo bisogno di soldi». Così Maria Gabriella Arena, l’impiegata cinquantenne del Comune arrestata martedì scorso dalla polizia per estorsione – dopo essersi fatta consegnare 25 mila euro in contanti in una busta di carta da un grosso imprenditore ennese, fingendo di essere un esattore del pizzo del boss superlatitante – ha ammesso le proprie responsabilità dinanzi al Gip di Enna Elisabetta Mazza.
La sua confessione, forse l’ultima scena del “film” di cui lei stessa aveva parlato – dicendo che le sembrava, appunto, di star vivendo in una pellicola cinematografica, non sapendo che in quel momento, a registrare tutto, non c’erano dei cameraman ma la polizia – è andata in scena ieri. Alle nove del mattino, dopo un viaggio di due ore nella camionetta della Polizia Penitenziaria, che l’ha trasportata al Tribunale di Enna, proveniente dalla sezione di alta sicurezza del carcere di Messina, si è seduta accanto al suo avvocato, il penalista piazzese Sinuhe Curcuraci.
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