ENNA. Una baby-squillo di appena 15 anni, tra il 2011 e il 2012, finì al centro di un vasto giro di prostituzione minorile a Enna. Quell’anno, però, intervennero gli agenti della sezione Reati sessuali della Squadra Mobile, i quali la salvarono e arrestarono, contemporaneamente, la sua sfruttatrice, una zia trentottenne. Il resto riuscì a farlo lei stessa, smascherando, puntando l’indice contro di loro, uno per uno la sfruttatrice e i suoi clienti. Adesso il racconto della giovane è stato definitivamente ritenuto attendibile. E così, dopo che già da un pezzo sono definitivi i patteggiamenti (perlopiù pochi mesi di reclusione, peraltro sospesi) della maggior parte dei clienti, è definitiva anche la condanna principale del processo «Pandemia», a carico della sfruttatrice, colei che l’avrebbe indotta a prostituirsi per lucrare sulle sue prestazioni, offerte a una dozzina di uomini di mezz’età, ma anche vari ultrasettantenni. L.B. queste le iniziali della donna, adesso dovrà scontare quattro anni ed otto mesi di carcere. Una pena mite, vista la gravità dei fatti, ma anche frutto della riduzione per il rito abbreviato, scelto dall’avvocato difensore della donna.