LEONFORTE. Il summit del 2013 tra il capoclan di Leonforte Giovanni Fiorenza e Salvatore Seminara, presunto referente provinciale di Cosa Nostra, non mirava a costituire ex novo una “famiglia mafiosa”, che già esisteva, ma a «ottenere il riconoscimento dell’autonomia» dei Fiorenza. Lo si legge, in sintesi, nella sentenza della quinta sezione penale della Corte di Cassazione, che ha reso definitive le condanne del processo “Homo Novus”. Un clan dunque già esisteva, quando i Fiorenza tentarono di imporsi, chiedendo la benedizione di colui che era ritenuto il referente provinciale. Scrive la Cassazione: «La Corte d’appello ha delineato la costituzione - o, meglio, la ricostituzione - della famiglia mafiosa come frutto del rapporto (anche familiare) con i dirigenti della stessa fino al suo scompaginamento, rapporto che, secondo la sentenza impugnata, offriva a Giovanni Fiorenza e ai suoi sodali la “legittimazione” nel contesto di Cosa Nostra, laddove l’incontro con Seminara era funzionale a definire il quadro delle egemonie territoriali delle varie articolazioni di Cosa Nostra rispetto, appunto, all’influenza delle famiglie “viciniori” e, quindi, al riconoscimento dell’autonomia del gruppo dei Fiorenza a Leonforte».