E’ stata confermata dalla Cassazione la custodia in carcere per Filippo Marraro, l’uomo di 54 anni che lo scorso primo aprile ha ucciso con due colpi di revolver sparati a bruciapelo la moglie Loredana Calì che aveva 40 anni e dalla quale ha avuto due figli. L’aveva già massacrata di botte la settimana precedente, a Catenanuova dove la coppia viveva e lui aveva un autolavaggio, perchè la donna voleva lasciarlo.
Marraro è accusato e sotto processo - davanti al gup di Enna con rito abbreviato condizionato all’audizione di un neurologo e di una perizia psichiatrica - con le accuse di sequestro di persona e omicidio aggravati e per la detenzione di arma clandestina. Puntandole la pistola contro, Marraro aveva costretto Loredana a salire in macchina e l’aveva portata nel casolare di campagna dei suoceri dove la ha ammazzata. L’ultimo proiettile ha colpita la vittima mentre era già ferita a terra, dopo essersi difesa strenuamente.
Su Fb, Marraro si definiva già "vedovo» nei giorni precedenti l’assassinio e annunciava che «la vendetta è un piatto freddo, più è freddo più si gusta». Subito dopo aver ammazzato la moglie, il primo pensiero dell’uomo - per il quale è in corso il processo di primo grado con le indagini peritali per le quali sono stati nominati gli esperti - è stato quello di disdire la sua presenza a un motoraduno e poi ha chiamato i carabinieri.
In Cassazione, la difesa di Marraro ne ha chiesto la scarcerazione sostenendo che il fatto che l’uomo «il giorno dell’uccisione della moglie Loredana Calì, aveva chiamato il 112 rimanendo poi in attesa dei carabinieri e al loro arrivo aveva confessato di aver commesso l’omicidio», non integrerebbe «la flagranza» del reato in quanto Marraro «non era stato sorpreso dalle forze dell’ordine, ma le aveva allertate e si era consegnato alle medesime».
La tesi non ha fatto breccia e gli ermellini, nella sentenza 5045 depositata oggi e relativa all’udienza svoltasi lo scorso tre ottobre, hanno replicato che correttamente è stato convalidato l’arresto per «l'avvenuta acquisizione da parte della polizia giudiziaria, in contesto temporale appena successivo al fatto, delle tracce del reato ineguivocabilmente collegate all’indiziato, per di più volontariamente consegnatosi agli inquirenti».
Con questo verdetto i supremi giudici hanno convalidata l’ordinanza di dell’arresto in carcere di Marraro emessa lo scorso 4 aprile dal gip del tribunale di Enna per omicidio in flagranza. La Cassazione ha dichiarato «inammissibile» il ricorso di Marraro e lo ha condannato anche a pagare tremila euro alla Cassa delle ammende per la pretestuosità dei motivi difensivi.
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