A Enna i contributi dell’Unione Europea sono finiti per una «parte significativa» in mani criminali. Lo ha ribadito il presidente della commissione regionale Antimafia, Claudio Fava, nel corso di una missione dell’organismo dell’Ars nella città siciliana.
«Altre famiglie, da altre province, vengono a fare incetta - ha spiegato Fava - di aziende e terreni per sfruttare poi le risorse comunitarie attraverso processi di falsificazione dell’iter amministrativo. Nell’arco di 2 anni, ci ha spiegato la Guardia di Finanza, sono stati messi a disposizione di questo territorio 80 milioni di euro in contributi dell’unione europea. La sensazione è che parte significativa di questi contributi non siano serviti a dare ristoro e rilancio all’economia locale del comparto agricolo, ma sia servita ad alimentare i profitti privati di chi ha costruito un iter criminale, attraverso una somma di falsificazioni e forzature, per ottenere questi fondi ai quali non aveva diritto».
Fava ha approfondito i meccanismi delle truffe: «C'è bisogno - ha detto - di una certificazione del Caa che è fasulla, o che vengano messi a disposizione i dati del sistema agricolo nazionale, che ci siano avvocati compiacenti per organizzare un fascicolo, notai disposti a fare rogiti su contratti inesistenti, una distrazione conclusiva dell’Agea che, pare, non abbia fatto in passato i controlli per capire se i terreni per i quali si richiede il contributo fissero realmente dei soggetti richiedenti. L’inchiesta Maglie larghe racconta la grande fragilità dei controlli di questi anni, con la provincia di Enna diventata luogo di investimento anche per le famiglie di altre province. Quando le indagini hanno cominciato a stringere il cerchio il metodo è stato spostato all’estero, con alcune famiglie di Capizzi che hanno spostato il sistema in Romania, vicenda svelata dall’operazione in Romania Tomato connection. Stiamo palando di ingenti fondi che sono stati attratti da reti criminali per diventare profitti illeciti. Certamente la questione delle truffe Ue e la filiera che le accompagna, sono aspetti che la Commissione intende approfondire».
Emerge, dagli incontri avuti in mattinata dalla Commissione antimafia regionale in Prefettura, il quadro aggiornato sulle attività investigative e di monitoraggio che riguardano la provincia di Enna sia sul piano delle attività mafiose sia su quelle corruttive. «Le informazioni che abbiamo raccolto ci hanno fornito molti elementi - ha detto il presidente della Commissione antimafia regionale Claudio Fava - sui quali la commissione avrà motivo e ragione per continuare a lavorare. Questa provincia fa parte di una geografia criminale che in Sicilia è consolidata, con una caratteristica, essere provincia di transito e di investimento anche da parte di altre famiglie criminali palermitane, messinesi, catanesi. Un luogo in cui hanno ritenuto costruire solidi legami di apparentamento criminale, sufficientemente al riparo da sguardi indiscreti, pensiamo alle riunioni sugli attentati dell’estate 1992. Da allora ad oggi la presenza mafiosa resta una presenza che ha un suo significato e lo conferma l’operazione Ultra che ha riportato alla ribalta la figura di Raffaele Bevilacqua, che dal 41 bis viene posto ai domiciliari, forse con una sottovalutazione non degli inquirenti locali, sul grado di pericolosità e pervasività di queste famiglie».
«Quello che viene fuori dall’indagine Ultra è che tutto questo porta a conseguenze dal punto di vista dell’inquinamento territoriale, amministrativo, politico e lo dimostra anche la vicenda in cui si trova Barrafranca, che abbiamo approfondito e che ha portato la prefettura a disporre il 12 agosto un accesso al Comune di Barrafranca. I tre mesi si concluderanno a breve e poi si deciderà se prolungare o meno il lavoro dei commissari. Un quadro di forte compromissione dell’intera struttura amministrativa del Comune di Barrafranca - ha detto Fava durante l’incontro con la stampa - asservita al Bevilacqua». Adesso si avranno valutazioni che farà la prefettura e successivamente farà il Consiglio dei ministri, sull'ipotesi di scioglimento del Comune di Barrafranca, nel quale, peraltro, si sono registrate molte parentele tra consiglieri comunali e impiegati con personaggi di spicco del contesto criminale del paese».
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