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Le armi della mafia nascoste anche nel bar centrale di Regalbuto

Vengono fuori i dettagli dell'operazione contro i clan della provincia di Enna. A Pietraperzia una perquisizione indusse la cosca a spostare fucili e mitragliatori: furono sotterrati in un terreno, all'insaputa del proprietario. Ma la polizia aveva visto tutto

«Le armi venivano custodite da uomini di fiducia del boss. A Pietraperzia sono state trovate in campagna, mentre a Regalbuto erano nascoste nel bar centrale del paese». La dirigente della squadra mobile di Enna, Elena Barreca, nel corso della conferenza stampa alla procura di Caltanissetta ha rivelato alcuni particolari sull’operazione che ha portato all’esecuzione di 13 misure cautelari nell’Ennese.

Una prima indagine, diretta dalla Direzione distrettuale antimafia della procura di Caltanissetta, condotta dalla Sisco di Caltanissetta e indirizzata nei confronti della famiglia mafiosa di Pietraperzia, ha consentito di sequestrare, con la squadra mobile di Enna, una parte considerevole dell’arsenale e di individuare i soggetti indiziati di averne curato la manutenzione e la custodia per conto delle articolazioni di cosa nostra operanti nella stessa Pietraperzia e in Barrafranca. Le intercettazioni svolte nei confronti di L.B., già condannato per associazione mafiosa, in quanto ritenuto inserito nella famiglia mafiosa di Pietraperzia nell’ambito dell’operazione Primavera, hanno fatto emergere come lo stesso, presso una sua abitazione rurale, potesse essere in possesso di più armi di cui, presumibilmente, curava la manutenzione con l’ausilio del figlio F.B.

L’estesa proprietà di L.B. è stata sottoposta a una prima perquisizione, parzialmente infruttuosa: c’erano infatti poche cartucce cal. 12 e alcune parti di fucile. Tuttavia, nel timore di una nuova perquisizione, gli indagati si sarebbero avvalsi di un loro fiancheggiatore per dissotterrare, mediante un escavatore condotto da quest’ultimo, alcuni sacchi di plastica che si trovavano nel terreno della stessa proprietà; i sacchi, dopo una serie di spostamenti provvisori, sarebbero stati definitivamente interrati in un diverso terreno non distante dal loro; il tutto in orario notturno e all’insaputa del proprietario del fondo. Ricostruendo tale ultimo spostamento, anche attraverso più telecamere dotate di visore termico, i poliziotti hanno individuato l’esatto punto in cui erano stati interrati i sacchi e li hanno così recuperati, trovando 6 pistole, 5 fucili, 1 kalashnikov e 1 mitragliatore da guerra, nonché più di 1.000 proiettili, comuni e da guerra, di diverso calibro.

Il gip di Caltanissetta su richiesta della procura, ha ritenuto la sussistenza di un grave quadro indiziario in relazione all’organicità a Cosa nostra, nella famiglia mafiosa di Pietraperzia, di L.B., di sua moglie G.F. e di suo figlio F.B., nonché del barrese D.A.A., i quali potevano presumibilmente contare su una schiera di soggetti che, essendo a loro disposizione, avrebbero prestato loro assistenza durante le ripetute movimentazioni dell’arsenale e li avrebbero favoriti ad eludere le indagini a loro carico, sia mediante la bonifica di un’autovettura che attraverso il rilascio di false dichiarazioni agli inquirenti.

Un’ulteriore indagine, condotta dalla squadra mobile di Enna e dal commissariato di Leonforte, sempre coordinata dalla Dda di Caltanissetta, ha consentito di raccogliere gravi elementi indiziari in ordine alla riorganizzazione dell’articolazione regalbutese della famiglia di Enna di Cosa nostra, ad opera dal pregiudicato mafioso A.A.P., già condannato con sentenza definitiva nell’operazione Go Kart. Nel corso dell’attività investigativa, nel magazzino di un bar che si trova nella piazza centrale di Regalbuto, è stato rinvenuto e sequestrato un arsenale composto da armi da guerra e da armi comuni, che il titolare del bar, F. A.P., arrestato in flagranza il primo marzo 2024, cugino del predetto A.A.P., avrebbe detenuto per conto dell’organizzazione mafiosa.

In particolare, nel corso di una perquisizione, sono stati trovati 1 kalashnikov, 3 fucili, 2 pistole semiautomatiche e 1 revolver, con relativo munizionamento da guerra, nonché più di 250 munizioni, comuni e da guerra, di diverso calibro. L’imponente arsenale, secondo gli inquirenti, fornisce una chiara indicazione della pericolosità della consorteria mafiosa che ne disponeva e che benché tradizionalmente facente parte della provincia mafiosa di Enna, secondo i gravi indizi acquisiti nel corso delle indagini, risulta intrattenere strettissimi rapporti di collaborazione con il clan Santapaola di Catania ed in particolare con esponenti di articolazioni dei clan operanti nell’hinterland catanese.ù

Significativo che anche dopo il sequestro, intervenuto nello scorso mese di marzo, dall’attività investigativa sono emersi elementi indizianti significativi di uno sforzo volti a ricostituire per quanto possibile l’arsenale perduto, con una febbrile ricerca di armi. Secondo il grave quadro indiziario recepito nell’ordinanza di custodia cautelare, A.A.P., una volta ritornato in libertà dopo aver espiato la pena inflittagli per la precedente condanna per associazione mafiosa, ha cercato di ricostruire i rapporti associativi, riproponendosi come referente di cosa nostra a Regalbuto, si all’interno della provincia di Enna, sia all’esterno, con particolare riferimento alla provincia di Catania.

 

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