«Da Cerami a Troina, da Gagliano Castelferrato a Regalbuto, da Capizzi a Naso, a San Marco D’Alunzio, sui Nebrodi per tradizione tra fine maggio e i primi di settembre si succedono feste religiose, la più parte dedicare ai santi patroni delle diverse comunità, caratterizzate non solo da una diffusa presenza di rami di alloro variamente parati ma, fatto molto più significativo, da un’analoga struttura dell’iter rituale». Lo racconta in una ricerca aggiornata di recente l’antropologo Ignazio Buttitta, professore universitario a Palermo e nipote del grande poeta del quale porta il nome.
«In linea generale lo svolgimento delle feste nebroidee è il seguente: i devoti raccolgono i rami di alloro in aree boschive, più o meno distanti dall’abitato, a seguito di un pellegrinaggio da effettuare a piedi, a cavallo o, in qualche caso, in automobile. Il giorno della festa, lo stesso del rientro dei pellegrini dalla raccolta dell’alloro o il successivo, i fedeli recano in processione i rami e infine, «consegnati» al Santo: mostrati al suo simulacro, appoggiati dinanzi all’ingresso della Chiesa, depositati a fianco dell’altare o a Troina, sul sepolcro del Santo», prosegue lo studioso.
«Momenti costitutivi del rito sono, inoltre, i pasti comunitariamente consumati durante il pellegrinaggio e su luogo della raccolta, nonché prima e/o durante la processione insieme a tutti i restanti fedeli. La consegna dell’alloro al Santo si configura, dunque, come momento conclusivo dell’intero itinerario peregrinale e assume per i fedeli il valore di prova concreta di un sacrificio diretto allo scioglimento di un voto, alla riconoscenza per una grazia ottenuta, alla rinnovata affermazione della propria fede. È dunque nel ramo di alloro che il rapporto tra Santo e fedele trova espressione materica: il ramo è testimone che il debito rituale è stato rimesso e insieme testimonianza della perduranza della devozione», osserva Buttitta.
«Tutte le feste religiose sono un insieme di parole, suoni, immagini, gesti, tesi a ribadire la dipendenza dell’immanenza dalla trascendenza, la festa esemplare, la grande festa, è particolarmente quella che mostra la realtà attraverso la ricostituzione per simulazione del cerchio del tempo. D’altra parte, ricondurre la radice di questi riti, la loro vicinanza morfologica e la loro omogeneità iterativa a una visione del mondo strutturata sui cicli della produzione agricola ci acconsenti a osservare entro un soddisfacente orizzonte di senso quelle ricorrenze di elementi simbolici e di strutture rituali che si osservano tra le cerimonie festive antiche e contemporanee», conclude.
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