Tredici arresti sono stati eseguiti dai militari della guardia di finanza della tenenza di Nicosia, del Comando provinciale di Enna e di altri comandi siciliani su delega della Direzione distrettuale antimafia della Procura di Caltanissetta. Le ordinanze cautelari sono state emesse dal gip di Caltanissetta. Per sette persone è scattata l'ordinanza di custodia cautelare in carcere: fra loro un avvocato del foro di Catania e l'ex direttore dell'Azienda speciale Silvo Pastorale di Troina. Per gli altri sei sono stati disposti invece gli arresti domiciliari.
L'operazione, denominata "Carta bianca", è stata avviata nel 2020 nell'ambito delle frodi alla Politica agricola comune (Pac), la misura europea a sostegno del settore. Le indagini sono state eseguite su una famiglia destinataria di interdittiva antimafia che utilizzava dei prestanome per ottenere contributi comunitari. Le somme erogate ai complici sarebbero state poi intascate attraverso l'emissione di fatture false per operazioni inesistenti.
I controlli, come spiega il comandante della tenenza di Nicosia della guardia di finanza Carlo Donnini, hanno riguardato circa 1.200 ettari di terreni nella zona di Nicosia, in un'area a cavallo tra le province di Enna e Catania. E dalle indagini sono emerse le frodi con cui erano state monopolizzate le procedure di assegnazione dei fondi per un valore complessivo di oltre 3 milioni di euro. Determinante sarebbe stato il ruolo dell'ex direttore dell'Azienda speciale Silvo Pastorale di Troina nell'individuazione dei benefici che i coinvolti nell'operazione erano riusciti a percepire.
I reati contestati sono: interposizione fittizia, truffa, falso, reimpiego di capitali illeciti, utilizzo di fatture per operazioni inesistenti nonché illeciti previsti dal decreto legislativo 231/2001 in tema di responsabilità degli enti. Tutti questi delitti, precisa una nota della Dda di Caltanissetta, sono di competenza della Procura ordinaria e sono stati commessi nei territori di Centuripe, Regalbuto, Troina, Adrano, Catania e Randazzo. Sequestrate anche somme di denaro, due società e altrettanti complessi aziendali per un valore di tre milioni di euro. Ad altre due società è stata applicata la misura dell'interdizione dall'esercizio dell'attività. I nomi degli arrestati non sono stati resi noti.
Attraverso le indagini, la guardia di finanza ha ricostruito il meccanismo con il quale venivano commessi i reati. Gli indagati sarebbero riusciti prima ad assicurarsi indebitamente l'accesso agli aiuti comunitari e poi, tramite operazioni di ripulitura del denaro di provenienza illecita, come l'emissione di false fatture, a rientrare nella disponibilità dei contributi stessi.
Grazie alla presunta complicità dell'allora direttore dell'Azienda Silvo-Pastorale, avrebbero messo le mani anche sui pascoli demaniali, circa 1.181 ettari, che avrebbero trovato il modo di accaparrarsi aggirando qualunque procedura di assegnazione pubblica.
Per eludere il codice antimafia, l'importo dei contratti per l'acquisizione dei terreni sarebbe stato frazionato, così da non superare la soglia di 150.000 euro, oltre la quale era obbligatorio per la pubblica amministrazione richiedere l’informativa antimafia. Gli indagati avevano dunque tentato, utilizzando tutta una serie di imprese a loro collegate, di aggirare fraudolentemente le regole previste dal cosiddetto 'Protocollo Antoci' e del conseguente 'nuovo codice antimafia. «Le indagini - spiega in una nota l'ex presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci - hanno consentito di acclarare come il metodo fosse sempre quello da tempo da me denunciato, cioè le sistematiche infiltrazioni nel settore dei contributi europei per l'agricoltura». E aggiunge: «Anche in questo caso il tentativo di aggirare il Protocollo ha solamente generato la pronta risposta dello Stato. I miei più sentiti complimenti e ringraziamenti alla guardia di finanza di Nicosia e alla Procura distrettuale antimafia di Caltanissetta. Ancora una volta la criminalità perde e lo Stato vince. Avanti...».
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