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L’omicidio dell’anziano a Regalbuto Procedimento arenato in Cassazione

In appello, tre anni fa, erano stati inflitti 14 anni a Francesco Colica. Non è stata fissata l’udienza nella Corte

ENNA. A tre anni dalla sentenza di appello, la Corte di Cassazione non ha ancora neppure fissato la data dell’udienza del processo per l’omicidio dell’anziano Prospero Catalano, vittima di un efferato delitto a colpi di cacciavite, in un garage fuori città, il 21settembre 2007. E così il presunto assassino, il giovane Francesco Colica di Catenanuova, al quale in appello sono stati inflitti 14 anni di reclusione, intanto resta libero. Il penalista Antonio Impellizzeri, che difende Colica, ha presentato il ricorso alla Suprema Corte di piazza Cavour a Roma lo scorso autunno, eppure allo stato attuale, dalla Cassazione è trapelato soltanto che il ricorso è stato affidato ai giudici della prima sezione. Ai familiari della vittima non resta che attendere ancora. Non ha definitivamente un nome, così, l’assassino che nel settembre di sei anni fa uccise Catalano, 68 anni, colpendolo con 50 colpi di cacciavite: la sentenza, infatti, ancora è teoricamente annullabile in Cassazione. La Corte d’appello si è pronunciata l’1 ottobre 2010, confermando i 14 anni inflitti in primo grado al catenanuovese. Poi ci sono voluti quasi due anni per il deposito delle motivazioni della sentenza di secondo grado, arrivate ben oltre i termini previsti perché il giudice estensore è stato trasferito in Sardegna; e dunque depositate solo il 27 luglio 2012. Fino ad un eventuale pronunciamento della Cassazione, ogni assunto contenuto nella sentenza resta solo un’ipotesi da confermare o meno; e l’imputato, per legge, un presunto innocente. I familiari della vittima sono assistiti dagli avvocati Calogero e Rossana Cavallaro. L’imputato è stato indagato sin dall’inizio, poi anche processato, a piede libero. Le indagini sono state condotte dai carabinieri del nucleo investigativo, che giunsero a Colica ricostruendo il passato della vittima, per cui il giovane avrebbe fatto dei piccoli lavori, sebbene il particolare non sia emerso in maniera inconfutabile nel corso dei due gradi di giudizio. Per l’accusa, l’omicidio sarebbe stato una reazione d’impeto al diniego di una piccola somma di denaro, da parte dell’anziano a Colica, che sarebbe andato su tutte le furie e l’avrebbe colpito brutalmente decine di volte. L’imputato e la sua difesa hanno sempre respinto le accuse. Sono passati quasi tre anni, così, anche dalla dichiarazione a caldo dell’avvocato Impellizzeri, subito dopo la conferma della sentenza in appello, quando il penalista, dicendosi «estremamente convinto» dell’innocenza del suo cliente sulla base «dell’assenza di prove certe e scientifiche», specificò di attendere la lettura delle motivazioni, «per proporre ricorso in Cassazione, nella quale - concluse - abbiamo grande fiducia». Poi però per il deposito delle motivazioni ci sono voluti ventuno mesi. Quasi immediatamente dopo la difesa ha presentato il ricorso alla Suprema Corte. E da allora è come se le lancette del tempo, per questo procedimento, si fossero fermate nuovamente.

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