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Piazza, referendum per dire addio a Enna

PIAZZA ARMERINA. La città dei mosaici alle urne fra poco più di un mese per dire addio all'ex provincia. Il 21 settembre i piazzesi saranno chiamati a decidere con il loro voto se divorziare o meno dall'ormai ex capoluogo Enna. Indetto dal sindaco Filippo Miroddi il referendum con il quale i cittadini dovranno scegliere se confermare o meno la delibera del consiglio comunale con cui a luglio è stata approvata l'adesione al libero consorzio dei comuni di Catania. Si voterà nell'arco di un'unica giornata dalle 8 alle 22. La vera scommessa dei comitati, associazioni e movimenti politici che sostengono il si all'adesione a Catania sarà quella di portare quanta più gente alle urne per ottenere la validità della consultazione popolare. E questo anche alla luce di quello che è successo nelle settimane scorse a Gela, dove non è stato raggiunto il quorum. La consultazione referendaria nella città dei mosaici, infatti, sarà valida se alle urne prenderà parte almeno il 40 per cento del corpo elettorale comunale. Un numero non facile da raggiungere se si considera l'altissimo numero di persone che figurano nelle liste elettorali ma di fatto non si recano mai alle urne perché fuori città. Rimangono i dubbi già sollevati nelle scorse settimane durante il dibattito sul regolamento. Lo statuto comunale prevede il referendum consultivo, mentre la legge in materia di consorzi prevede il referendum confermativo. L'ufficio legislativo della Regione siciliana deve esprimere il proprio parere con riferimento alla consultazione avvenuta a Gela. Le urne rischiano per tre diversi motivi di essere invalidate: mutamento del quadro legislativo regionale, mancato raggiungimento del quorum, illegittimità della consultazione essendo lo strumento richiesto dalla legge sui consorzi quello del referendum confermativo e non consultivo. Ma per i promotori del referendum sarà comunque una vittoria, perché alla gente è stata data la possibilità di esprimere in modo diretto, senza la mediazione della politica, su un tema molto emotivo e sentito sul quale si dibatte da anni. La nota dolente, visti i problemi finanziari dell'ente, rimane quella relativa ai costi. La Ragioneria, ascoltata in conferenza dei capigruppo e commissione Bilancio, ha fatto sapere che i soldi ci sono. Servono tra i 30 e i 60 mila euro. La paura è che alla fine questa somma possa andare sprecata. «Importante procedere alla dovute verifiche, anche perché se si incorrerà in qualche irregolarità, gli eventuali costi da sostenere saranno caricati ai singoli consiglieri che hanno votato», ha detto il consigliere Teodoro Ribilotta, votando contro al regolamento attuativo del referendum consultivo.

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