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È ritenuto dai giudici «pericoloso», carcere duro per il boss Seminara

ENNA. Per i giudici del Tribunale di Sorveglianza di Roma, Salvatore Seminara, presunto boss provinciale di cosa nostra, ritenuto il capomafia di una vasta area dell’entroterra ennese, è un individuo pericoloso per la società. Per questo i magistrati di sorveglianza dicono no alla richiesta di revocare il 41 bis, il carcere duro, che gli è stato imposto dal Ministro della Giustizia Andrea Orlando l’anno scorso, dopo la cattura nell’operazione Kronos, condotta dai carabinieri del Ros.

La richiesta, ovviamente, era stata avanzata dalla difesa. Dunque Seminara, che da otto anni a questa parte è indicato come reggente provinciale dell’Onorata società in terra ennese – ma non ha al suo attivo alcuna condanna definitiva per associazione mafiosa – rimane detenuto con le pesanti restrizioni previste dal cosiddetto “carcere duro per i capimafia”. E adesso il suo legale, l’avvocato Francesco Azzolina, deve decidere se ricorrere contro il provvedimento del Tribunale di Sorveglianza in Cassazione. Il presunto boss è detenuto alla casa circondariale di Novara.

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