PERGUSA. È stata clamorosamente ribaltata in appello la sentenza del processo per la morte della piccola Angelica, la bimba il cui corpicino fu gettato in un cassonetto di contrada Risicallà, a Pergusa, l’11 novembre del 2005. La Corte di appello di Caltanissetta ha assolto la madre, la romena Joana Marin, con la formula che un tempo sarebbe stata dubitativa, ma che oggi si applica quando «manca, è insufficiente o contraddittoria la prova del reato». Ed è proprio questa - il «ragionevole dubbio» che la piccola fosse nata già morta, dunque non sussistesse alcun infanticidio - la tesi formulata dall’avvocato della Marin, il penalista Paolo Patelmo del foro di Belluno. Tesi che è stata accolta dai giudici, che hanno disposto l’annullamento totale degli 8 anni inflitti in primo grado per infanticidio.
In aula è stata dichiarata poi la prescrizione del reato minore, l’occultamento di cadavere, per cui erano stati condannati, in concorso con la Marin, in primo grado i coniugi di Pergusa Giovanni Scevole e Rachela Pirrera. Il primo aveva preso un anno e nove mesi, la moglie un mese di meno. I due, va sottolineato, sin dal primo grado sono stati prosciolti definitivamente da ogni possibile coinvolgimento nella morte della piccola. La sentenza ora è stata emessa dalla Corte di Appello di Caltanissetta.
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