ENNA. Era accusato di aver "molestato" telefonicamente, con "migliaia di telefonate e sms", è scritto testualmente nell'imputazione, una ragazzina di poco più giovane di lui. All'epoca lui aveva 19 anni, lei poco meno di diciotto. Tutto sarebbe durato all'incirca tre mesi. E l'altra accusa di cui doveva rispondere era di aver insultato un'altra ragazza, sua conoscente, apostrofandola con espressioni volgari.
Adesso però il protagonista di questa storia, un ragazzo di 23 anni, avrà un'altra possibilità, perché il suo avvocato, il penalista Giulio Magnifico, ha ottenuto la «messa alla prova», un istituto mutuato dalla legislazione per i minorenni, che cancella il reato se si supera un percorso di riabilitazione che dà i suoi frutti. Se superasse questo periodo, in sostanza, non prenderà una condanna e uscirà da questa situazione senza macchia. Nel sua caso, dovrà collaborare per quattro mesi con un'organizzazione di volontariato, seguendo un percorso che, scrive il giudice Alessandra Maira nella sentenza, risponda "alle caratteristiche proprie della messa alla prova": "Modalità di reinserimento sociale" ben determinate; e "prescrizioni comportamentali (anche inerenti la dimora e la libertà di movimento) nonché prescrizioni attinenti il lavoro di pubblica utilità".
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