ENNA. "Dopo essere uscito dal carcere incontrai Sebastiano Gurgone e lui mi disse che oltre a Giancarlo, a Enna, (nell'organizzazione mafiosa, ndr.) c'era pure un certo Salvatore. Ma da queste foto non lo riconosco". Così il pentito di Catenanuova Nino Mavica, ha deposto ieri al processo a carico di Giancarlo Amaradio, 37 anni, "storico" picciotto di Cosa Nostra divenuto boss a metà anni Duemila, e di Salvatore Gesualdo, ennese di 33 anni, assistente della Polizia penitenziaria incensurato, che risponde per la prima volta di associazione mafiosa. La deposizione del collaboratore di giustizia è arrivata ieri mattina dinanzi ai giudici del Tribunale collegiale di Enna, presieduto da Francesco Paolo Pitarresi, a latere Alessandra Maira e Marco Minnella. Da dietro un paravento, Mavica ha risposto alle domande del Pm Roberto Condorelli e degli avvocati Giovanni Palermo, difensore di Amaradio, e Michele Baldi, che difende Gesualdo. Ma i suoi resoconti non hanno convinto i difensori, che lo hanno sottoposto a un autentico fuoco di fila di domande, evidenziando presunte incongruenze, come quando Mavica descrive Gesualdo come un uomo "sui quarantacinque, con i capelli brizzolati", mentre nel periodo in cui sostiene di averlo conosciuto, l'imputato aveva solo 25 anni e i capelli nerissimi.