ENNA. “Sono stata violentata”. Dicendo così, una quarantenne ennese, costrinse i carabinieri ad indagare e accompagnarla in ospedale. A quel punto, nel giro di poche ore, tutto fu chiaro: la sedicente vittima era ubriaca e non riportava alcun segno di presunte violenze sessuali. Per questo, con l’accusa di simulazione di reato, adesso è stata condannata lei. Il Tribunale di Enna le ha inflitto 8 mesi di reclusione, con pena sospesa.
La sentenza è stata emessa dal giudice monocratico Giuseppe Tigano. L’imputata, incensurata, non è stata indagata per calunnia perché, fortunatamente, non aveva indicato nessuna persona precisa, solo un non meglio individuato uomo proveniente da Trapani. In aula al processo è stato interrogato un medico del Pronto soccorso, che ha riferito di aver chiesto una consulenza ginecologica per accertare ciò che affermava la paziente, ma di essersi già reso conto lui stesso dell’assenza di alcun indicatore di violenza sessuale. E per questo, alla fine, i medici non ebbero alcun dubbio: non c’è stata alcuna violenza. L’imputata non era presente nel giorno del verdetto. La sua difesa aveva comunque chiesto l’assoluzione con formula piena. In ogni caso si tratta di una sentenza di primo grado, dunque teoricamente impugnabile in appello. I fatti risalgono al mese di dicembre del 2011. Le indagini sono state condotte dai carabinieri della stazione di un paese della provincia, che erano intervenuti in un bar e che raccolsero la sua “testimonianza”. Alla donna, oltre alla simulazione di reato, è stato contestato di aver agito «con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso».
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