ENNA. Il 24 aprile del 2012 ricorrono 4 anni dall'omicidio della giovane Vanessa Scialfa, 20 anni, strangolata con un cavo del dvd e finita con uno straccio intriso di candeggina dal convivente Francesco Lo Presti, che all'epoca dei fatti aveva 34 anni, condannato a 30 anni dalla Cassazione, che ha confermato le sentenze di I e II grado.
Per ricordare Vanessa, vittima della brutalità di un uomo che amava, i Giovani democratici di Enna insieme al Centro sportivo italiano e al Comune di Enna, hanno organizzato un Memorial intitolato proprio alla ragazza.
Domenica 24 aprile, dunque, appuntamento alle 9,30 al Palazzetto dello Sport di Enna bassa dove padre Mario Saddemi celebrerà la Santa Messa.
Dopo una carrellata di saluti, Salvatore Astorina, segretario comunale dei Giovani democratici e l'intervento dei genitori di Vanessa, Giovanni ed Isabella, di Giovanni Contino, assessore comunale all'Urbanistica, di Maria Grasso, presidente dell'associazione Donne Insieme «Sandra Crescimanno» e della psicoterapeuta Sara Schembri, sarà la volta dello sport con la prima partita prevista alle 11,30 e a seguire la seconda. In campo, oltre alla squadra dei Giovani democratici, anche quella della Federazione degli Studenti, dell'Ampas e della Confraternita Maria Santissima delle Grazie.
La semifinale, per la disputa del 3 e 4 posto, è in programma alle 15 mentre alle 17 si terrà la finale del torneo. Nel corso della manifestazione, e precisamente alle 16,30, si terranno gli esami finali di un corso di autodifesa femminile. Alle 18 la premiazione e la chiusura della manifestazione. «Siamo sempre grati a chi non dimentica - dice Giovanni Scialfa, papà di Vanessa - Gli anni trascorrono inesorabili ma il dolore per la perdita di nostra figlia, strappata alla vita giovanissima, non si affievolisce».
Vanessa venne uccisa in un appartamento, a poche centinaia di metri dal Castello di Lombardia, dove abitava con Lo Presti, appena dopo 79 giorni di convivenza. Il suo carnefice avvolse il suo esile corpo in un lenzuolo grigio, lo caricò in macchina, scendendo indisturbato e non visto, alle 3 del pomeriggio tre rampe di scale, e lo gettò in un fosso ai margini della miniera di Pasquasia. Fu lo stesso assassino ad accompagnare la polizia sul luogo, dopo una confessione che nei vari gradi di giudizio, si è rivelata, in alcuni punti, mendace.
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