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La scalata della mafia ennese: 21 arresti, fatta luce sull'omicidio di un commerciante

I rapporti della mafia ennese con altre cosche siciliane, i summit in un casolare di campagna, i risvolti sull'omicidio del commerciante Filippo Marchì mentre lavava la sua auto il 16 luglio 2017 a Barrafranca. Sono gli elementi principali del blitz antimafia di questa mattina condotto dai carabinieri del Ros in provincia di Enna e in altre città italiane. L'operazione, denominata Kaulonia, ha portato a ventuno arresti per associazione di stampo mafioso, omicidio ed estorsione.

A coordinare le indagini la Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta e hanno consentito di ricostruire la struttura della famiglia mafiosa di Pietraperzia, ai vertici di Cosa nostra ennese. Gli inquirenti hanno individuato i meccanismi con cui si muoveva la cosca che intratteneva rapporti anche con esponenti della criminalità organizzata di altre parti della Sicilia. In particolare sono state documentate le relazioni con la cosca Ercolano-Santapaola di Catania.

Sono 21 gli arrestati per associazione mafiosa, omicidio, estorsione, nell'ambito dell'operazione "Kaulonia". L'indagine prende spunto dall'omicidio di Filippo Marchì, commerciante di auto, avvenuto la mattina del 16 luglio 2017 a Barrafranca. Le ordinanze applicative della custodia cautelare in carcere riguardano: Calogero Bonfirraro, Felice Cannata, l'unico arrestato in Lombardia, Vincenzo Capizzi, Gaetano Curatolo, Filippo Giuseppe Di Calogero, Salvatore Giuseppe Di Calogero, Vincenzo Di Calogero, Giuseppe Di Marca, Gianfilippo Di Natale, Angelo Di Dio, Antonino Di Dio, Luca Marino, Giuseppe Marotta, Giovanni Monachino, Vincenzo Monachino, Simone Russo, Antonio Tomaselli, Mirko Filippo Tomasello, Giuseppe Trubia. La misura degli arresti domiciliari ha riguardato Mario Tirrito. Per Lucia Fascetto Sivillo è scattata la misura interdittiva della sospensione dell'esercizio della professione forense.

Dalle indagini e in particolare dalle intercettazioni video è stato registrato un summit in un casolare di campagna che conferma le mire strategiche di Cosa nostra ennese e la sua capacità di rapportarsi ad altre famiglie mafiose. Nel corso dell'inchiesta è stato possibile fare luce su numerosi delitti tra cui l'omicidio di Filippo Marchì avvenuto il 16 luglio 2017. Il commerciante era un nome noto nella zona di Barrafranca perché gestiva una concessionaria per la vendita di automobili usate.

Si tratta di un clan violento, con solidi legami con la storica 'famiglia' Santapaola-Ercolano di Catania, che non esitava a compiere gesti dimostrativi eclatanti per consolidare il ruolo di gruppo egemone di Cosa nostra nell'Ennese. È la cosca guidata dai fratelli Giovanni e Vincenzo Monachino. Ci sono anche loro tra i 21 destinatari del provvedimento restrittivo emesso dal Gip, che ha disposto il carcere per 19 indagati, sei dei quali già detenuti, i domiciliari per uno e la sospensione dallo svolgere l'attività forense per l'avvocato Lucia Fascetto Sivillo, del foro di Enna, che avrebbe agevolato il tentativo di rientrare in possesso di beni pignorati e posti all'asta di un 'associato' al clan, Felice Cannata, che opera nel Nord Italia.

Il legame della cosca Monachino con la 'famiglia' Santapaola-Ercolano è confermato da un incontro, avvenuto nel febbraio del 2016, a Catania per la 'messa a posto' di un imprenditore ennese la cui impresa era impegnata nella posa di cavi di fibra ottica nel capoluogo etneo.

Il gruppo avrebbe organizzato e messo in atto l'uccisione di Filippo Giuseppe Marchì, assassinato il 16 luglio del 2017, autista e uomo di fiducia dello storico boss Salvatore Saitta per punire il figlio di quest'ultimo, Giuseppe Saitta, a capo del clan di Barrafranca che non sopportava l'ascesa dei fratelli Monachino.

L'indagine ha fatto luce anche sull'aggressione a due anziani fratelli colpiti violentemente a colpi di bastone per rubare loro poche centinaia di euro, sugli autori, ma non sul movente, dell'incendio appiccato alla casa del suocero del sindaco di Pietraperzia, e sulla 'spaccata' alla cassaforte di un supermercato che fruttò un bottino di 15mila euro.

Ricostruito anche il tentativo di estorsione a una ditta che stava restaurando la chiesa di San Benedetto a Barrafranca: prima fu lanciata una bottiglia incendiaria e poi furono inviati due cartucce e un lumino per defunti. La tangente non fu pagata perchè l'imprenditore rinunciò all'appalto. Il gruppo aveva anche organizzato un raid punitivo nei confronti di un ladro che non voleva restituire la refurtiva alla vittima, che si era rivolta ai fratelli Monachino, nonostante la denuncia presentata, per recuperarla. A salvargli probabilmente la vita fu l'arresto del ladro per reati per droga.

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