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Mafia, il ritorno dei vecchi boss: Bevilacqua al comando con l'aiuto dei figli dopo la detenzione al 41bis

Nel riquadro Raffaele Bevilacqua

Quarantasei arresti, una maxi operazione che ruota attorno alla famiglia mafiosa dei Bevilacqua. L'indagine dei carabinieri del Ros e del comando provinciale di Enna, coordinati dalla Dda di Caltanissetta, ha fatto luce sull'organigramma delle famiglie mafiose di Barrafranca e Pietraperzia.

I reati contestati, a vario titolo, sono associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e allo smercio di stupefacenti, estorsioni, corruzione aggravata dall'avere favorito l'associazione mafiosa, detenzioni di armi e assistenza agli associati.

L'indagine è stata avviata nel maggio 2018 successivamente alla concessione del beneficio della detenzione domiciliare, per ragioni di salute, a Raffaele Bevilacqua, già condannato per associazione di tipo mafioso nel cosiddetto processo "Leopardo", che tra la fine degli anni '80 e i primi anni del 2000 era non solo componente del direttivo della Dc e in strettissimi rapporti con Salvo Lima, ma anche al vertice di Cosa Nostra ennese per diretta investitura di Bernardo Provenzano.

Bevilacqua è stato, inoltre, condannato all'ergastolo per essere stato riconosciuto mandante, assieme a Francesco "Ciccio" La Rocca, dell'omicidio di Domenico Calcagno, commesso a Valguarnera Caropepe nel maggio del 2003. L'indagine del Ros ha consentito di documentare come il lungo periodo di detenzione, anche in regime di "carcere duro", non avesse minimamente fiaccato lo spirito di Bevilacqua il quale, non appena ritrovata la "libertà", ha ripreso immediatamente la direzione della famiglia mafiosa con il fondamentale apporto dei suoi familiari.
Il suo appartamento di Catania, dove era ai domiciliari, secondo gli investigatori era il crocevia di importanti incontri con altri storici affiliati, primi fra tutti gli uomini d'onore Alessandro Salvaggio e Salvatore Privitelli, nel corso dei quali venivano decise strategie e progettate le azioni da compiere.

IL RITORNO DEL BOSS. Il carisma di Raffaele Bevilacqua rimase immutato anche dopo 15 anni di detenzione. Quando Alessandro Salvaggio, anziano uomo d'onore, rivide il boss, ai domiciliari a Catania dopo un periodo di 41 bis, non esitò a baciargli le mani in segno di immutato rispetto. E secondo gli inquirenti, una volta uscito dal carcere aveva ripreso in mano le redini della famiglia mafiosa. Un po' come è successo nel mandamento di San Mauro Castelverde sulle Madonie, ieri colpito da 11 arresti, dove il boss Domenico Mico Farinella, fedelissimo di Totò Riina, era tornato a comandare dopo aver evitato l’ergastolo grazie a un ricalcolo della pena basato sull’indulto. Stessa cosa a Palermo, nel mandamento di San Lorenzo-Tommaso Natale: il blitz della scorsa settimana ha messo in luce il ruolo di Giulio Caporrimo, al comando e venerato dopo un periodo di detenzione.

Secondo gli inquirenti anche nell'Ennese la scarcerazione del vecchio boss ha portato al progetto di riorganizzazione della famiglia mafiosa. Un piano ordito da Raffaele Bevilacqua, nel quale avrebbero assunto un ruolo cardine i suoi figli: Flavio, Alberto e Maria Concetta, quest'ultima avvocato del foro di Enna.
Il figlio Flavio, secondo l'inchiesta, era l'interfaccia del padre con il territorio occupandosi di tenere i contatti con gli altri affiliati e di concordare le azioni da intraprendere; Maria Concetta, invece, era solita compiacersi per il "rispetto" che le veniva tributato, e approfittando della sua professione, incontrava nel suo studio legale di Barrafranca gli affiliati ai quali consegnava i "pizzini" scritti dal genitore con gli ordini da eseguire.

La donna al pari del fratello, per gli investigatori, partecipava alla scelte strategiche del gruppo criminale, organizzava gli incontri nell'abitazione di Catania e, sfruttando il suo ruolo di legale, attuava una serie di manovre volte ad evitare il ritorno in carcere del padre.

A conferma che il tempo e la detenzione non abbiano rescisso il legame con l'organizzazione, gli investigatori hanno documentato come Filippo Milano, storico affiliato alla consorteria di Barrafranca, nel tempo avesse consegnato ai famigliari del suo capo cospicue somme di denaro con le quali, come la moglie del boss Giuseppa ammetteva, aveva provveduto a soddisfare i "piaceri" dei figli, tra cui la festa di laurea di Maria Concetta pagata proprio con il denaro provento di attività illecite.

LA FIGLIA DEL BOSS. Per l'avvocato Maria Concetta Bevilacqua, finita ai domiciliari, era un orgoglio che un vecchio affiliato al clan aveva fatto il baciamano a suo padre Raffaele, riconoscendo così il suo ruolo di capo della famiglia mafiosa nonostante la lunga detenzione in carcere del genitore, anche al 41 bis.
Scrivono gli inquirenti. "La donna chiedeva con insistenza al congiunto se egli avesse ricevuto l'ossequioso rito del 'baciamano'. Ottenutane conferma ribatteva, con parole che ci riportano indietro nel tempo, '.... e io comunque quando tu muori fra 100 anni io mi auguro...io mi auguro... mi auguro di avere dei figli...che gli devo raccontare tutte queste cose...'".
Parole che, per gli investigatori, dimostrano che la "liturgia mafiosa", ancora oggi viva, suscitava nell'avvocato Maria Concetta Bevilacqua "orgoglio e complicità col padre, uomo d'onore di Cosa Nostra le cui azioni vengono ritenute degne di essere raccontate ai figli quasi fossero gesta eroiche".

LA PROCURA. "Una complessa ordinanza di custodia cautelare". Così il procuratore di Caltanissetta Amedeo Bertone, ha definito l'inchiesta Ultra contro il clan Bevilacqua. "In esito agli sviluppi dell'operazione Kaulonia, ma tenuto conto del nuovo contesto che si è creato con la detenzione domiciliare di Raffaele Bevilacqua, rappresentante della famiglia di Barrafranca. Lo scenario - ha detto Bertone - evidenzia come Bevilacqua abbia cercato di ricostruire, e ci sia riuscito, i rapporti. Sono contestate diverse ipotesi come l'associazione mafiosa e l'associazione finalizzate al traffico di stupefacenti, attività che è stata incentivata da Bevilacqua con approvvigionamenti a Catania. Sono stati valutati elementi provenienti da processi storici, come quello ad Andreotti, e dai lavori della Commissione antimafia,; è emerso un quadro ulteriore del ruolo duplice di Bevilacqua come rappresentate politico e come rappresentante mafioso".

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