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Pietraperzia, altre indagini sull'omicidio di Andrea Paternò: al vaglio la posizione di 5 forestali

L'inchiesta sulla morte dell’allevatore Andrea Paternò, i cui resti carbonizzati furono ritrovati a luglio dello scorso anno nelle campagne ennesi, potrebbe avere ulteriori sviluppi. Ieri i carabinieri hanno arrestato i presunti responsabili dell'omicidio: Filipponeri Di Marca, Calogero Salvatore Giorgio Di Marca, Giuseppe Di Marca e Giovanni Semilia, anche loro allevatori di Pietraperzia. L'accusa è di omicidio aggravato, distruzione di cadavere e incendio seguito da danneggiamento.

Nuove indagini

Ma le indagini, condotte del Nucleo investigativo di Enna e dai Ros con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, potrebbero avere un seguito: secondo gli investigatori, infatti, gli appartenenti alla forestale che si sono occupati di domare l’incendio avrebbero omesso “qualsiasi segnalazione in ordine alla presenza dell’automezzo incendiato e del cadavere”. Si tratta di 5 lavoratori, il cui operato dovrà essere chiarito.

Non si escludono dunque sviluppi anche perchè, spiegano dall'Arma, “le posizioni processuali dei predetti sono allo stato al vaglio dell’autorità giudiziaria”. Quel che è certo, dunque, da quanto trapela, è che le indagini non si sono esaurite con l'arresto dei quattro allevatori, ma è presto per conoscerne gli eventuali sviluppi.

Alla base dell'omicidio potrebbe esserci la richiesta di restituzione di un prestito da circa 20 mila euro

La morte di Andrea Paternò

I primi risultati dell'inchiesta sono i 4 arresti di ieri. La vittima, Andrea Paternò di Barrafranca, scomparve l'11 luglio dello scorso anno. Lavorava nel settore agricolo e non aveva precedenti penali. I suoi resti furono rinvenuti due giorni dopo in contrada Arcera a Enna, all’interno del suo Mitsubishi L200. Il mezzo era stato incendiato e di lui furono recuperati i resti carbonizzati. Per risalire ai presunti responsabili e al movente, gli investigatori hanno analizzato le immagini delle videocamere di sorveglianza e le intercettazioni: alla base del delitto ci sarebbe stato un credito di circa 20 mila euro che Paternò vantava con i Di Marca. 

L'omicidio sarebbe avvenuto dopo che la vittima si recò nell’azienda agricola degli allevatori di Pietraperzia per discutere di quel prestito. Dopo il delitto Filipponeri Di Marca avrebbe preso un fusto di gasolio in un distributore di carburante, così come emerge dalle immagini delle videocamere, e secondo gli investigatori sarebbe stato utilizzato per distruggere il cadavere.

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