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Pietraperzia, l'hanno ucciso per non pagare un debito: quattro arrestati, ecco i nomi

Alla base dell'omicidio potrebbe esserci la richiesta di restituzione di un prestito da circa 20 mila euro

I carabinieri del Comando provinciale di Enna e del Ros hanno arrestato quattro persone accusate di avere ucciso un allevatore di Pietraperzia, Andrea Paternò, 40 anni, e poi di avere dato alle fiamme il suo corpo.  Sono indagati per omicidio aggravato, distruzione di cadavere e incendio seguito da danneggiamento. Si tratta di Filipponeri Di Marca, 63 anni, Calogero Salvatore Giuseppe Di Marca, 24 anni, Giuseppe Di Marca, 36 anni, e Giovanni Semilia, 25 anni. Il 63enne è pregiudicato. Sono tutti dello stesso nucleo familiare e tutti allevatori di Pietraperzia, centro della provincia ennese. I  presunti responsabili del delitto di Andrea Paternò sono  stati raggiunti da ordinanza di custodia cautelare in carcere. Avrebbero portato a termine l’omicidio dell’uomo la stessa sera della sua scomparsa, l’11 luglio del 2020. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Caltanissetta. Le attività di indagine sono state coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Caltanissetta.

L’uomo fu trovato carbonizzato il 13 luglio 2020, in località Arcera, agro di Enna, all’interno del proprio Mitsubishi L200. A fare luce sul delitto le indagini dei militari dell’Arma coordinate dalla Dda di Caltanissetta. Il corpo era all’interno del fuoristrada dato alle fiamme, di proprietà del padre della vittima, ma solitamente utilizzato da Andrea Paternò, che era scomparso da due giorni.

Gli accertamenti sviluppati dai carabinieri (attività informativa, analisi di sistemi di videosorveglianza pubblici e privati, intercettazioni ambientali e telefoniche, nonché analisi tecnica del traffico telefonico) hanno permesso di accertare il movente del delitto in un credito di oltre 20.000 euro vantato da Paternò nei confronti degli  indagati. In questo quadro si inserisce l’ennesimo litigio tra Paternò e i Di Marca conclusosi dapprima con l’uccisione e successivamente con la distruzione del cadavere della vittima in un luogo diverso da quello dell'omicidio. Il corpo fu cosparso di benzina  acquistata il pomeriggio stesso e gli fu dato fuoco sotto alcune balle di fieno nel cassone del proprio pick-up. A dare l’allarme un uomo che si stava recando in una sua proprietà, allertato dal rogo.

La ricostruzione investigativa operata dagli inquirenti ha permesso di stabilire che la vittima, il pomeriggio di quel tragico 11 luglio 2020, si sia recato inizialmente presso l’azienda agricola dei Di Marca, e precisamente da Filippo Di Marca, per reclamare la restituzione del credito, venendo però convinto ad andare a prendere un caffè in vista del successivo incontro con tutti i soggetti interessati. Approfittando del momentaneo allontanamento, attraverso un vorticoso giro di conversazioni, con una fase di frenetici contatti telefonici, gli altri coindagati hanno raggiunto Di Marca e al suo ritorno Paternò è stato colpito con armi da fuoco e da taglio. A quel punto sempre Filippo Di Marca si è recato presso un distributore di carburante per prelevare un fusto di gasolio, poi utilizzato per distruggere il corpo ormai privo di vita di Paternò.

Le indagini hanno fatto altresì emergere che tanto i soggetti indagati, quanto la vittima, avessero contatti con esponenti delle famiglie mafiose di Pietraperzia e Barrafranca e, più in generale, con contesti mafiosi, anche di primo piano, della provincia di Enna. Per tale motivo agli accusati dell'omicidio è stata contestata dai pm la circostanza aggravante prevista dall’art 416 bis, che però il gip non ha riconosciuto nell'ordinanza.

Costante è stato altresì il clima di intimidazione e di omertà che è emerso sulla scorta delle dichiarazioni della maggioranza delle fonti dichiarative emerse dalle indagini, ivi compresi gli appartenenti alla forestale che si occuparono di domare l’incendio, omettendo qualsiasi segnalazione in ordine alla presenza dell’automezzo incendiato e del cadavere. Le loro posizioni processuali sono al vaglio dell’autorità giudiziaria.

Le attività di indagine hanno, infine, fatto emergere un grave quadro indiziario, a carico degli indagati Calogero e Giuseppe Di Marca, in ordine ad alcuni incendi avvenuti lo scorso mese di luglio in aree agricole tra i comuni di Enna e di Pietraperzia. Tali reati sono stati commessi al fine di imporre la propria pretesa di utilizzare indebitamente quelle aree per i loro capi di bestiame, in sprezzo di qualsiasi rispetto del diritto di proprietà. Secondo la Procura, questi ultimi reati appaiono, ancora una volta, sintomatici della pretesa degli indagati di imporre il controllo sul territorio con modalità senza dubbio assimilabili a quelle delle consorterie mafiose.

All’esecuzione dell’ordinanza cautelare ed alle connesse attività di perquisizioni hanno preso parte militari del Comando provinciale di Enna del Ros e dello squadrone eliportato Cacciatori di Sicilia dei carabinieri. Una delle ordinanze cautelari è stata eseguita in Belgio, attraverso i canali di cooperazione internazionale.

Andrea Paternò, la vittima

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