È stata una lunga e articolata indagine, quella condotta dai finanzieri di Caltanissetta agli ordini del colonnello Stefano Gesuelli e che ha ricostruito episodi di furto e di estorsione mafiosa nell’Ennese, attraverso i quali i fratelli Gabriele Giacomo Stanzù e Nicola Antonio Stanzù, rispettivamente di 62 e 45 anni, avrebbero tentato di riprendere il controllo di fatto delle proprie aziende confiscate.
Sulla famiglia Stanzù di Leonforte, in provincia di Enna, da anni c'è l’attenzione della procura antimafia di Caltanissetta. Quattro anni fa la loro «roba», aziende per un valore complessivo di 11 milioni di euro, entrarono nel mirino dello Stato, ma, nonostante ciò i due fratelli, raggiunti oggi da ordinanza di custodia cautelare in carcere insieme con altre dieci persone, riuscirono a infiltrarle con faccendieri e a depredarle di fieno, mangime e anche taniche di carburante. A firmare l’ordinanza di custodia cautelare è stata il gip Valentina Balbo.
Le indagini - partite nel 2021 e svolte dal Gico di Caltanissetta coordinato dalla Dda nissena - hanno finito per «smantellare», affermano gli investigatori, la rete che i fratelli Stanzù avevano costruito per intimorire chi veniva chiamato a lavorare nelle aziende agricole confiscate. L’amministratore delle aziende aveva cercato in ogni modo di trovare personale da assumere. O meglio in un primo momento gli operai manifestavano la volontà di lavorare e poi non si presentavano. In quelle aziende, confiscate alla mafia nel territorio dell’Ennese, la presenza dei fratelli Stanzù era costante.
Di fatto i due fratelli ennesi avrebbero continuato a mantenere un controllo delle aziende attraverso i fedelissimi Felice Cicero, di 34 anni, di Raddusa (provincia di Catania), Michele Marcellino di Leonforte (32 anni) e Giorgio Renda, 39 anni, pure di Raddusa: i tre, secondo gli investigatori, informavano i vecchi datori di lavoro su tutto ciò che accadeva all’interno delle aziende e nello stesso tempo ricevevano direttive in contrasto con le indicazioni impartite dall’amministratore giudiziario.
Gabriele Stanzù di 62 anni è una vecchia conoscenza delle forze dell’ordine. Fino ad aprile del 2021 - mentre erano in corso le indagini del Gico - era sottoposto a libertà vigilata, quindi non poteva uscire dal comune di Leonforte. Nel 2005 venne arrestato perché sospettato di essere affiliato alla famiglia catanese di Cosa nostra, in particolare a Francesco La Rocca di Caltagirone e a Sebastiano Rampulla di Messina. Per questi fatti venne condannato ad un anno e 4 mesi per assistenza agli associati. Sul conto di Stanzù sono state diverse, nel tempo, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia gelesi, che hanno parlato di suoi legami con la famiglia mafiosa Emmanuello di Gela.
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