
Quando il pop smette di rincorrere le mode e inizia a raccontare storie che ci somigliano: lo si potràfacilmente scoprire stasera (venerdì 2 maggio) a partire dalle 21 sul palco del BaRock Festival di Piazza Armerina con gli Zero Assoluto che porteranno sul palco di piazza Falcone e Borsellino quelle canzoni che ancora oggi, a distanza di anni, il pubblico conosce a memoria. Che poi è quello che fanno da sempre Matteo Maffucci e Thomas De Gasperi che con parole semplici che arrivano dritte, melodie pop con il cuore in mano e quel filo di ironia hanno fatto cantare un’intera generazione. Da Semplicemente a Svegliarsi la mattina fino a Per dimenticare e l’ultimo singolo 5cm la band regalerà al pubblico siciliano un momento unico e ricco di emozioni. «Una volta ci facevamo - dice la band - un sacco di domande. Abbiamo smesso di chiederci il perché delle cose, ora le cantiamo e basta».
Questa sera in Sicilia per il BaRock Festival di Piazza Armerina…
«Abbiamo un rapporto molto lungo e duraturo con la Sicilia. È una delle regioni in cui abbiamo suonato di più in assoluto nella nostra carriera, forse addirittura la prima. Qui abbiamo iniziato a fare i nostri primi live, quindi ci sentiamo molto legati a questo territorio. Negli anni è diventato un legame affettivo fortissimo. Inoltre, in Sicilia abbiamo anche scritto diverse canzoni, alcune delle quali sono tra le più importanti della nostra discografia».
C’è un ricordo particolare legato all’isola che vi fa sorridere?
«Uno dei più divertenti è legato alle ospitate nel programma di Salvo La Rosa, "Insieme". Era esilarante perché le gag erano in italiano fino al momento della battuta finale, che spesso era in dialetto siciliano. E noi, non capivamo nulla... ridevamo insieme al pubblico senza sapere perché! È stato un periodo molto divertente e quei comici li incontravamo poi anche nei concerti: era un mondo coeso e pieno di energia».
Avete da poco presentato anche un nuovo singolo 5Cm…
«Nasce, come spesso succede, da un esercizio di memoria emotiva. È un brano che affonda le radici nella nostalgia e nel ricordo di momenti magici vissuti in un’altra fase della vita. Parla di quei piccoli istanti, come i cinque centimetri prima di un bacio, in cui tutto può cambiare. È una metafora dei momenti di passaggio, quelli che segnano un prima e un dopo. Abbiamo voluto raccontare quella tensione e quella magia che anticipano qualcosa di importante».
Nella vostra musica frammenti di quotidianità che poi diventano emozioni universali...
«Probabilmente è proprio questo il motivo per cui alcune nostre canzoni resistono al tempo. Raccontiamo emozioni e situazioni che tutti, prima o poi, vivono. Gli stati d’animo fondamentali non cambiano davvero col tempo: restano gli stessi, anche se cambiano i contesti. Se riesci a fissare un momento autentico in una canzone, quella canzone può diventare la colonna sonora di una vita intera. E questo è un grande privilegio».
Com’è possibile che il successo Svegliarsi una mattina è nato in Sicilia?
«L'idea è nata durante un viaggio sulla Salerno-Reggio Calabria, diretti in Sicilia. L’abbiamo scritta in un pomeriggio di agosto, in un hotel molto bello a Vittoria. Ricordiamo anche l’orario e il luogo, perché erano annotati sul bloc-notes in cui scrivemmo il brano. Poi andammo a suonare a Scoglitti».
Dopo tanti anni di carriera, com’è cambiato il vostro pubblico?
«Abbiamo iniziato con un pubblico molto giovane, oggi vediamo anche ragazzi nuovi grazie ai social, ma soprattutto notiamo che tante persone sono cresciute con noi. C’è una vera affinità con il nostro pubblico, è come una grande comitiva con cui condividiamo sensibilità e linguaggio».
Durante questi anni avete anche preso una pausa…
«Ci conosciamo dai tempi della scuola, e fare musica insieme fa parte di chi siamo. Non pubblicare non significava smettere di scrivere. È stato un momento necessario per non rischiare di trasformare qualcosa di prezioso in routine. Avevamo bisogno di ricalibrare tutto e tornare con una nuova consapevolezza».
Vi siete fermati per prendere la rincorsa?
«Esattamente. È stata anche una transizione personale: siamo cresciuti, non potevamo più presentarci come i ragazzi di vent’anni fa. Abbiamo riflettuto su come continuare ad essere artisti, ma con un approccio più maturo. Volevamo tornare in modo autentico, con la stessa passione, ma con maggiore chiarezza e maturità».
E dopo vent’anni continuate a salire sul palco…
«Salire sul palco è una sensazione unica, quasi una forma di dipendenza positiva. È un’emozione fortissima sentire migliaia di persone cantare le tue canzoni. Quanto al comporre, il desiderio è sempre quello di scrivere qualcosa che rimanga, che tocchi e accompagni la vita delle persone. È questo che ci dà la spinta: lasciare un segno, piccolo o grande, ma che duri».
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