Al centro esatto della Sicilia, in un percorso ideale per chi viaggia tra Palermo e Ragusa, il ristorante Al Fogher può essere raggiunto con una piccola deviazione rispetto al tragitto migliore, che passa dall’autostrada A19 Palermo-Catania, si immette sulla Caltanissetta-Gela e basta una deviazione di una quindicina di chilometri, con la variante Enna. «Abito in un territorio (l’entroterra siciliano) che continuo a trovare ricchissimo, ma a distanza di anni ho iniziato a rendermi conto che questa mia visione non sembra essere condivisa dai più, dopo 33 anni presente sul territorio mi dispiace capire che la stessa lentezza che rende la Sicilia una terra unica, sia l’arma puntata al collo che le impedisce di crescere».
A parlare è l’anima del Fogher, Angelo Treno, storico chef del ristorante di Piazza Armerina, in provincia di Enna. Aperto dal 1992, è stato ricavato da un antico casello ferroviario di una linea ormai in disuso che conduceva da Dittaino a Caltagirone. «È il 1992, entroterra Siciliano: qui ha inizio la mia storia». È lo stesso Treno a raccontare e a raccontarsi: «Vengo da una famiglia di origini rurali, mio padre era un contadino, da qui penso che derivi il mio rapporto spasmodico con la terra, e tutto ciò che essa ci regala. Mia mamma, mio padre, il loro mondo, le campagne, l’odore delle aringhe che trovavo a casa ogni tanto, tornando dal mercato, il pane fatto in casa... Non ho mai pensato alla povertà come uno stato economico, ma uno stato mentale: il mio percorso lavorativo inizia in sala, cameriere prima, manager poi, cuoco e infine chef». Un termine che il famoso cuoco del Fogher non apprezza: «Lo trovo carico di supponenza ma di contro, mio figlio, crede che la sottile differenza che intercorre tra il primo e il secondo, sta nella capacità del secondo di gestire una brigata e crede che non tutti abbiano questa forza; non ho idea di chi abbia ragione».
I viaggi, il lavoro all’estero, le esperienze: «Ho avuto la fortuna - riprende Treno - di conoscere persone eccezionali in ogni parte del mondo in cui sono andato a lavoare, Belgio, Francia, Germania… A Cannes ho conosciuto una delle persone più influenti nel mio percorso, Hermann Fintrop, con cui è iniziata una collaborazione viscerale, amante appassionato di Foie Gras, ci siamo conosciuti durante un incontro di biliardo, o più precisamente carambola, aveva un piccolo ristorantino con una varietà incredibile di formaggi; eravamo soliti uscire insieme ad un altro soggetto piratesco, con una capacità sbalorditiva in termini di gusto, con questo piccoletto di 1,50 che a tutt’oggi ricordo come una delle menti enogastronomiche più colorate che abbia avuto il piacere di incontrare».
Ma dopo tanti viaggi Treno ha scelto di tornare a casa. «Mi sono sempre cimentato in piroette artistiche. Una sera ebbi la pazza idea di organizzare una serata completamente al buio, e chiaramente gli unici in grado di muoversi tra i tavoli nella completa oscurità sono i non vedenti, cosi organizzai questa serata accompagnata da camerieri ciechi, per stimolare le papille gustative, una cena in cui i sensi vengono un po' presi in giro, dove bisogna concentrarsi, e dove il piatto, sebbene l’occhio non faccia la sua parte, diventa il completo protagonista, non esiste nulla: tu e quello che la tua bocca percepisce».
«La cucina è la mia vita, ho fatto della mia arte il mio lavoro, con tutti i pro e i contro che una scelta del genere comporta. Fino a quando avrò la forza credo che continuerò a perdermi nella mia passione».
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